I ribelli siriani per la "guerra totale". Assad espelle alcuni ambasciatori
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - I ribelli siriani non rispetteranno più il cessate il fuoco in vigore dal 12 aprile e lanciano un appello a tutti i Paesi islamici sunniti chiedendo di finanziare con ogni mezzo la "guerra santa" contro il regime di Bashar al-Assad. Intanto, il governo siriano ciaccia gli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Turchia.
Per i leader del Free Syrian Army il piano in sei punti proposto da Kofi Annan è "nato morto". Esso non è mai stato rispettato dal regime, che sarebbe il principale imputato per la strage di Houla dove sono stati uccise 108 persone fra cui 49 bambini.
Negli ultimi due giorni oltre 80 fra soldati e funzionari del regime sono morti in scontri a fuoco con le milizie ribelli. In risposta agli attacchi l'esercito siriano ha lanciato una offensiva con carri armati e armi pesanti nelle province di Hama e Idlib, dove oggi sono morti quattro civili. Ciò conferma il rischio della pericolosa "spirale di violenza", dove "morte chiama morte" descritta da mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, in un'intervista rilasciata ad AsiaNews lo scorso 28 maggio.
Oggi, il generale ribelle Mustafa al - Sheikh ha annunciato la creazione della Military Coalition For Syrian Revolutionaries Front, nuovo fronte armato della guerra contro Assad che riunirà tutte le milizie di opposizione in unico esercito. Lo scopo è armare "tutti i combattenti islamici", creando un corridoio sui confini con Turchia e Iraq dove far passare armi e denaro. Tale strategia è in atto da mesi e vede fra i principali finanziatori dei ribelli Arabia Saudita e Qatar, ma è finora è sempre stata negata da entrambi i Paesi del Golfo e dagli stessi ribelli.
Ieri, il Syrian Nataional Council (Snc), gruppo politico che rappresenta parte dei ribelli siriani, si è dissociata dalla coalizione militare, sottolineando che l'unica strada percorribile è il piano di pace proposto da Lega Araba e Nazioni Unite. Ahmad Fawzi, portavoce del Snc accusa i Paesi occidentali e i media di aver decretato morto il piano di Kogi Annan già prima della sua applicazione. "In molti mi chiedono se anche secondo me il piano di pace in sei punti è superato, se è alla fine, se è morto. Senza avere una risposta vera tutti hanno già scritto il suo necrologio. Ma esso è per il momento l'unica opzione che consente di affrontare il conflitto in modo pacifico".
Nonostante le pressioni per un intervento armato e per nuove sanzioni contro il regime, ieri Ban ki- Moon, segretario generale dell'Onu, ha confermato che il piano di Annan è ancora uno degli strumenti fondamentali con cui affrontare la questione siriana. Egli ha escluso l'ipotesi di un intervento militare nel breve periodo. Oggi, in occasione della visita di Vladimir Putin a Pechino, Russia e Cina hanno di nuovo ribadito il loro "no" a qualsiasi tentativo di rovesciare il regime degli Assad con le armi.
Oggi, il ministero degli Esteri siriani ha dichiarato "persone non gradite", 17 diplomatici fra cui gli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Turchia. La scorsa settimana Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Germania, Italia, Spagna, Canada, Australia e Giappone hanno espulso il personale siriano, per protestare contro il massacro di Houla. Jihad Makdisi, ministro degli Esteri siriano, ha però precisato che "la Siria tiene al dialogo con gli altri Stati" e ha assicurato di essere pronta ad accogliere di nuovo gli ambasciatori non appena cesserà il clima di ostilità nei suoi confronti.