01/02/2008, 00.00
CINA
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Hu Jia incriminato, petizione chiede al governo veri diritti umani

Nonostante le proteste di Bruxelles e Washington, il noto attivista cinese è stato formalmente accusato di sovversione contro lo Stato. Oltre 14mila attivisti e dissidenti chiedono al governo la ratifica del Trattato Onu sui diritti umani.
Pechino (AsiaNews) – Nonostante le proteste della comunità internazionale, gli appelli del Parlamento europeo e di quello statunitense, il governo cinese ha formalmente accusato il noto attivista cinese Hu Jia di “sovversione contro lo Stato”. Secondo il suo avvocato, che non è ancora riuscito a vederlo, il processo “si terrà a breve e si concluderà con una dura sentenza”.
 
Hu Jia è notissimo in tutta la Cina per il suo impegno contro la diffusione dell’Aids, che il governo cerca di ignorare. Inoltre, Hu si è sempre impegnato per informare la stampa sugli arresti di altri attivisti ed ha raccolto informazioni preziose sulla situazione dei detenuti politici. Anche la moglie, da tempo, viene seguita dalla polizia ovunque vada.
 
L’ultimo arresto di Hu, che ha vissuto gli ultimi due anni confinato in casa, è avvenuto il 27 dicembre scorso in pieno pomeriggio: oltre 30 agenti armati hanno fatto irruzione nella sua casa alla periferia di Pechino e lo hanno trascinato via. La moglie, Zeng Jinyan, è stata formalmente posta agli arresti domiciliari, e viene ora guardata a vista da 10 poliziotti che la seguono persino quando passeggia con il figlio di due mesi e mezzo nel giardino di casa.
 
Il Chinese Human Rights Defenders - Chrd, gruppo che opera per la tutela dei diritti umani in Cina –  afferma che questo comportamento “dimostra che la legge è ormai divenuta uno strumento in mano alla polizia, che la usa per fare ciò che vuole. Se il governo cinese crede nelle promesse fatte al mondo intero, dovrebbe quanto meno rivedere il testo di legge dell’art. 105 [che punisce la “sovversione contro lo Stato” ndr] e specificare cosa significa ‘sovversione’. In questo modo, verrebbero evitati abusi di potere e violazioni ai diritti umani”.
 
Il riferimento è alle promesse fatte dal ministero degli Esteri di Pechino al Comitato olimpico internazionale in occasione della candidatura cinese per le Olimpiadi 2008: la Cina si era impegnata a migliorare la situazione dei diritti umani nel Paese, a ridurre le emissioni inquinanti delle sue fabbriche ed a rivedere la situazione del Tibet. Ad oggi, questi obiettivi sono stati  ignorati.
 
Per cercare di scuotere le autorità, circa 14mila dissidenti ed attivisti cinesi hanno firmato una petizione che chiede all’Assemblea nazionale del popolo (Anp, il Parlamento cinese) di ratificare prima dell’inizio delle Olimpiadi di Pechino il Trattato internazionale per i diritti umani dell’Onu, firmato nel 1998 e mai tradotto in legge. Tuttavia, le speranze che questo avvenga sono poche. Secondo l’analista politico Liu Junning, uno dei firmatari, “è molto difficile che la ratifica avvenga prima dei Giochi, perché il governo non vuole avere problemi sociali in vista delle Olimpiadi”.
Il testo della petizione, sottoinea che l'atteggiamento di Pechino “danneggia l’immagine internazionale della Cina: dovremmo preparare un piano per abolire la pena di morte e sottolineare che i crimini non violenti non devono essere puniti con l’esecuzione”.
 
Inoltre, “il governo dovrebbe eliminare la repressione sociale ed il sistema di rieducazione tramite il lavoro, che in pratica permette molti arresti e detenzioni illegali. Abbiamo bisogno di un potere giudiziario indipendente, e deve essere garantita la protezione di avvocati e magistrati. E’ infine necessario che venga data più libertà alle organizzazioni religiose ed alla stampa indipendente”.
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