Governo: il buddismo può guarire le divisioni sociali, meglio di cristianesimo ed islam
Elogi a non finire da parte dell'Ufficio affari religiosi in occasione di un forum mondiale dei buddisti sponsorizzato dalla Cina. Vaticano e buddismo tibetano presentano qualche problema in più.
Hong Kong (AsiaNews) Secondo Ye Xiaowen, direttore dell'Amministrazione statale per gli affari religiosi, il buddismo ha ottime probabilità di guarire le divisioni della Cina e aiutare i fedeli ad affrontare tutti i cambiamenti sociali del paese, meglio di quanto possono farlo cristianesimo e islam. Ye ha espresso il suo pensiero alla Xinhua, commentando l'imminente World Buddhist Forum che si terrà nel Zhejiang dal 13 al 16 aprile. L'incontro è organizzato dalla Associazione buddista in Cina e dall'Associazione per la comunicazione della cultura religiosa, il cui presidente è proprio Ye Xiaowen.
Nella sua dichiarazione a Xinhua, Ye ha detto che anche cristianesimo e islam possono contribuire alla costruzione di una società armoniosa (un leit motiv del presidente Hu Jintao), ma il buddismo ha aggiunto può offrire un "contributo particolare" perché tende a un'idea di armonia più vicina alla visione cinese.
"In quanto Paese responsabile ha aggiunto la Cina ha una sua visione e una politica precisa nel promuovere l'armonia mondiale. Il potere religioso (sic!) è una delle forze sociali da cui la Cina può ricevere sostegno".
Ye ha spiegato che il buddismo può aiutare i fedeli a superare le difficoltà presenti nella società cinese, segnata da uno sviluppo velocissimo che crea un enorme abisso fra ricchi e poveri e crescenti rivolte sociali.
Il buddismo è la religione più diffusa in Cina ed in passato è stata come le altre religioni perseguitata dal regime comunista. Intervistato dal South China Morning Post, Tam Wai-lun, professore associato all'Università di Hong Kong, dice che il motivo per cui Ye esalta così tanto il buddismo è solo perché vuole sostenere il Forum di cui è uno sponsor. Il governo centrale, egli spiega, ha più facilità a trattare col buddismo perché esso ha contatti meno forti con comunità all'estero, spesso sospettate da Pechino di intromettersi nei suoi affari interni. Uno dei motivi di difficoltà nei rapporti fra Cina e Vaticano, per esempio, è proprio il legame dei fedeli con la santa Sede, percepita da Pechino come un potere straniero. Anche il Dalai Lama, capo del buddismo tibetano, è visto dal governo cinese come un potere esterno che vuole "dividere" la Cina.
Tam fa notare che non c'è nulla di nuovo negli elogi espressi da Ye: il governo centrale ha sempre attuato la politica di trarre sostegno dalle religioni, unendole in un Fronte unito, a sostegno della politica del Partito comunista cinese.
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