Gli espropri terrieri sono la principale ragione delle proteste sociali in Cina
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le dispute terriere e in specie gli espropri forzati sono il problema sociale di maggior impatto nella Cina attuale e il 73% delle petizioni e proteste dei contadini riguardano la loro terra. E’ quanto indica l’Accademia cinese delle scienze sociali (Acsc), massimo organo consultivo statale, nel suo “Libro blu per la società cinese” del 2011.
Il forte sviluppo urbano e industriale ha causato un selvaggio aumento dei costi di terreni per nuovi quartieri e zone industriali e spesso le autorità locali hanno operato espropri di massa. Ma - rileva il rapporto - di frequente questo è avvenuto a esclusivo vantaggio delle autorità esproprianti e delle ditte costruttrici. I contadini cacciati da terre e case non hanno ricevuto indennizzi adeguati per trovare una nuova abitazione e un nuovo lavoro.
Il 65% delle “proteste di massa” nelle zone rurali riguarda espropri terrieri. Il rapporto dice che decine di migliaia di contadini, le cui famiglie abitavano e coltivavano quella terra da generazioni, sono state spostate in appartamenti-dormitorio. Dal 1990 le autorità hanno espropriato oltre 6,7 milioni di ettari di terra agricola. A novembre Yu Jianrong dell’Acsc ha calcolato che questi terreni valevano circa 2mila miliardi di yuan (circa 225 milairdi di euro) più degli indennizzi pagati ai contadini.
Questo ha causato proteste sociali anche violente. L’intero Paese è rimasto attonito per il caso di Tang Fuzhen, 47 anni, che nel novembre 2009 si è data fuoco nel Sichuan ed è morta, per protestare contro la prevista demolizione della fabbrica del marito.
Da anni il governo ha fissato il limite di 120 milioni di ettari coltivati per assicurare l’autosufficienza alimentare, limite ormai raggiunto.
Sempre il “Libro Blu” indica che è molto diffuso il malcontento per i forti aumenti di prezzi e per il perdurante divario tra ricchi e poveri nel Paese. Secondo gli indici di stima, il “livello di soddisfazione” è sceso dal 3,59 dell’anno scorso a 3,37 nelle piccole città e da 3,55 a 3,42 nelle zone rurali (il livello massimo è 5). Nella grandi città l’indice è di 3,41. La minor “soddisfazione” riguarda vari settori-chiave della vita quotidiana, quali lavoro, sicurezza sociale, tempo libero. Peraltro i rurali si preoccupano anzitutto del lavoro e di non peggiorare l’attuale tenore di vita, mentre gli abitanti delle città sono preoccupati per la futura vita da pensionati.
L’economista Yu Bin del Centro ricerca e sviluppo del Consiglio di Stato ha osservato che continua ad aggravarsi il divario tra i redditi urbani e rurali, anche se nei primi 9 mesi del 2010 il reddito nelle campagne è cresciuto del 9,7% rispetto al 7,5% delle città.
Lo studio indica anche una crescente minor fiducia delle gente nelle capacità del governo, con riguardo alla situazione economica.
Peggiori i risultati di un’indagine svolta dalla centrale Banca di Cina su un campione di circa 20mila persone in 50 città. Ben il 73,9% degli intervistati si è detto “scontento” dei prezzi, ritenuti “troppo alti e difficili da accettare”, dato peggiore dal 1999. L’81,7% degli intervistati si aspetta ulteriori aumenti dei prezzi e “solo” il 55,5% prevede un aumento dei propri redditi.