Espropri forzati e demolizioni, continuano gli abusi del Partito comunista
Pechino (AsiaNews) - Oltre 1.400 persone sono scese in strada a Mudan, nella provincia dell'Heilongjiang, per protestare contro l'esproprio illegittimo dei terreni del loro villaggio a opera dei dirigenti comunisti. A Nanning, nel Guangxi, le autorità hanno invece ordinato la demolizione della casa di una coppia di anziani, che non hanno ottenuto neanche il risarcimento per il sequestro e la distruzione della loro abitazione.
I dimostranti di Mudan - tutti provenienti dal villaggio di Wugou - hanno marciato il 9 aprile scorso con dei cartelli con sopra scritto "salvaguardiamo gli interessi del popolo, punite la corruzione e ridateci la nostra terra". Le autorità locali, accusano, hanno espropriato terreni per 750 mu (1 mu è circa mezzo ettaro) da cedere a industrie private. La polizia ha cordonato il drappello e li ha caricati, portandone via 20. Diversi i feriti.
Il 12 aprile, invece, subito dopo le 7 di mattina un drappello composto da un centinaio di facinorosi e dirigenti locali ha fatto irruzione nella casa di Wei Sarong e Yu Linlian (di 79 e 78 anni), li hanno buttati fuori e ricoverati in un ospedale. Quando il figlio ha chiesto ai poliziotti per quale motivo venivano cacciati da casa loro, gli è stato detto che "è un ordine del Partito". Le autorità non hanno rispettato neanche la promessa di indennizzo firmata a favore della coppia.
Nonostante gli appelli del governo centrale, i quadri comunisti di tutto il Paese continuano a rubare le terre della popolazione. In Cina, lo sviluppo economico e commerciale è basato sull'industrializzazione forzata e quindi il valore commerciale dei terreni agricoli tende a salire, se si trovano in zone adatte all'impianto di fabbriche. Spesso, però, le popolazioni locali non vogliono questo cambiamento: allora le autorità ricorrono alla violenza fisica, senza alcun rispetto per la legge.