Cristiani in Siria, obiettivo di estremisti islamici e bombe
Città del Vaticano (AsiaNews) - "I cristiani di Siria soffrono come tutta la popolazione, musulmana, alawita, sunnita. Essi hanno però un problema in più: il dilagare dell'estremismo islamico, che rischia di trasformare il Paese in un nuovo Iraq". È quanto afferma ad AsiaNews Issam Bishara, direttore regionale della Catholic Near East Welfare Association (Cnewa) per Libano, Egitto, Siria e Iraq. Il funzionario cita i casi di Homs e Qusayr, dove gli islamisti entrati in possesso della città hanno cacciato le famiglie cristiane dalle loro abitazioni.
Egli racconta che, nei primi mesi di guerra, molte famiglie hanno trovato rifugio nelle città costiere della Siria, in quella che un tempo veniva chiamata "la fascia cristiana". Tuttavia, per il dilagare della guerra e la discesa in campo di brigate estremiste islamiche - fra tutte le milizie al-Nousra - "queste città sono ormai praticamente deserte, ma sono migliaia le famiglie che hanno scelto o sono state costrette a restare a causa dei rischi che comporta l'espatrio in Libano".
Secondo Bishara l'embargo rende impossibile far giungere aiuti diretti agli sfollati. Per gestire l'emergenza, la Cnewa lavora in collaborazione con la Chiesa locale. Oltre ai membri delle organizzazioni internazionali, ordini religiosi e sacerdoti del Patriarcato Greco ortodosso sono gli unici a poter operare sul territorio. Sacerdoti e religiosi affrontano spesso in prima persone il dramma degli omicidi sommari, i soprusi degli jihadisti stranieri e i rapimenti a fondo di riscatto, che colpiscono soprattutto la minoranza cristiana.
Al momento l'associazione aiuta circa 3mila famiglie: 300 a Tartous (città costiera a ovest del Paese) attraverso il convento delle suore del Buon Pastore; 1000 nella valle di Wadi al Nasara, situata a ovest del Paese e conosciuta come la valle dei cristiani. Esse sono sotto la protezione del Patriarcato greco-ortodosso e della Chiesa cattolica. A Homs, roccaforte dei musulmani sunniti fra i luoghi più martoriati dalla guerra civile, sono ben 800 le famiglie ortodosse e cattoliche rimaste nella città. Ad aiutare queste persone vi sono i padri Gesuiti e le suore del Buon Pastore. Nella capitale le famiglie cristiane rimaste sono circa 600. Ad assisterle vi è la missione delle Suore del Buon Pastore e il Patriarcato greco-cattolico. Infine, ad Hassake (Siria del Nord), la società di San Vincenzo de Paoli si prende cura di circa 1200 sfollati cristiani.
Alle 3mila famiglie rimaste in Siria si aggiungono i migliaia di profughi che dall'inizio del 2012 hanno scelto di fuggire del Paese, tentando di varcare i confini con il Libano. "All'inizio - afferma Bishara - essi hanno trovato rifugio fra parenti e amici, sperando in un rapido ritorno in patria". Tuttavia, negli ultimi mesi la situazione si è aggravata. La speranza di rivedere i propri villaggi e i propri cari rimasti in Siria è sempre più flebile. "Essi - racconta - non hanno diritto agli aiuti, perché risiedono al fuori dei campi profughi e chi li ospita non può mantenerli. Che cosa sarà di questa gente nei prossimi mesi?".
Il funzionario dice che finora la Cnewa sostiene circa 1000 famiglie cristiane fuggite in Libano, distribuendo loro vestiti, pasti caldi e beni di prima necessità. "Purtroppo - spiega - le richieste aumentano di giorno in giorno e noi siamo gli unici a fornire questo tipo di servizio. Il nostro timore è di non riuscire ad aiutare tutte le persone che ne fanno richiesta. Per questa ragione abbiamo bisogno del sostegno dei Paesi occidentali e di tutti i cattolici che desiderano soccorrere questa gente, dietro cui si cela il volto di Cristo sofferente".