Chittagong: bengalesi saccheggiano e distruggono due villaggi di aborigeni
Sulle colline di Chittagong continuano i soprusi di criminali bengalesi a danno delle etnie aborigene: uccisioni, stupri ed espropri di terre. E nessuna giustizia per le vittime.
Chittagong (AsiaNews) Un morto, 4 ragazze violentate, 45 feriti, case saccheggiate, un ostello per i giovani distrutto. E' il pesante bilancio di un attacco portato agli aborigeni di Saupru Karbari e di Noapara, due villaggi del comune di Maischari (distretto di Khagrachari, in Bangladesh) da un gruppo di "briganti bengalesi", che stanno togliendo ai locali ogni bene, a partire dalla stessa terra che gli aborigeni hanno reso coltivabile "lottando contro il caldo, la pioggia e le tigri della foresta". I criminali non hanno risparmiato neppure un ostello buddista destinato ai bambini poveri, che ha riportato pesanti danni.
La storia è del mese sorso, e per un paio di giorni se ne sono occupati anche i giornali, poi tutto è finito nel silenzio, come le tante altre del genere che parlano di violenze contro gli aborigeni, che la polizia non difende. Come in questo caso, raccontato ad AsiaNews da un giornalista, quando ha rifiutato di accettare le denunce per le violenze carnali.
La dinamica degli incidenti
I fatti hanno origine dal problema del possesso di circa 8 acri di terra di proprietà di Ammesu Moghini (di 45 anni). La mattina del 2 aprile un gruppo 50 bengalesi, venuti da fuori per costruire qui le loro case, incomincia a tagliare alberi. Ammesu cerca di fermarli, ma i bengalesi mandano le loro donne con falcetti, zappe e bastoni a cacciarlo via. Alcuni giovani bengalesi già presenti sul posto, guardano il tutto e dopo un po' vanno a fermare le donne, dicono loro di smettere e le allontanano. Si tratta con evidenza di un piano prestabilito.
Il giorno dopo decine di giovani tornano da Ammesu e cominciano a lanciare pietre contro la sua abitazione. Questo, insieme alle due figlie Krojaima Marma (15 anni) e Tuimrashang Marma (16 anni) esce per fermarli e chiedere spiegazioni. "Andatevene da questo posto, altrimenti vi ammazziamo!" è stata la risposta dei giovani. Intanto, altri bengalesi entrano nella casa, la saccheggiano e trascinano con sé le due ragazze fino alla casa di una loro complice di nome Hasina.
Là le due giovani vengono torturate, picchiate, denudate e a turno violentate. Dopo aver rubato la catenina e gli orecchini che le due indossavano, i criminali se ne vanno poi lasciandole in stato di completa incoscienza. Quando la madre andrà a cercarle, rapiranno anche lei; la donna è legata e percossa senza pietà; perde i sensi e viene derubata come le figlie.
In suo aiuto accorre la sorella maggiore Abaikroin Moghini (49 anni), che ha sentito le sue urla mentre si recava alla pagoda. La trova legata e insanguinate; tenta di slegarla, ma arrivano di nuovo i bengalesi e da dietro la colpiscono ripetutamente.
Stessa sorte spetta al coraggioso bonzo Sumona Mahatero, fondatore e responsabile di un ostello per bambini poveri, accorso sul posto. Mentre slega le donne, il bonzo viene afferrato per la gola, picchiato e portato sulla strada. Il reverendo Mahatero sostiene che i briganti hanno soprattutto lui come obiettivo. La sua colpa è di opporsi alle ingiustizie e di lavorare per lo sviluppo della gente. A causa sua, non possono impossessarsi delle terre come vorrebbero.
Nel frattempo i briganti saccheggiano ferocemente i villaggi di Saupru Karbari, di Noapara e l'ostello buddista. Feriscono gravemente molti aborigeni inermi uccidendone uno. Molti vengono colpiti alla testa con oggetti taglienti.
La furia dei briganti travolge anche l'ostello del reverendo Mahatero, dove studiavano e vivevano 70 ragazzi e ragazze dalla prima elementare alla fine della scuola superiore. In un giorno è andato perduto il lavoro di una vita: il monaco senza alcun aiuto dall'estero, aveva costruito in bambù e legno il tempio, la scuola, l'ostello e la cucina. È riuscito a provvedere libri, quaderni, penne, sedie, tavoli e lavagne per gli studenti e persino una tv a colori per la ricreazione.
Nessuna giustizia per le vittime
All'ospedale ho potuto vedere persone con braccia o gambe rotte, con ferite alla testa e alla schiena. Persino qui non hanno ricevuto attenzione e cure decenti. Molti altri, per paura di essere denunciati, sono scappati. Varie denunce presentate subito dopo gli incidenti distorcevano i fatti, presentando gli aborigeni come colpevoli dell'accaduto.
Finora, la polizia non ha voluto accettare la denuncia delle quattro donne violentate, non è stato fatto nessun controllo medico, né sono state prestate cure: tutto viene rimandato con diversi pretesti.
Infine, a quanto sappiamo, finora non è stato formato alcun comitato per indagare su quanto è avvenuto. I briganti bengalesi che erano stati arrestati sono stati rilasciati uno dopo l'altro. Il governo non ha deciso nessun tipo di risarcimento. I due villaggi colpiti e quelli vicini vivono ancora nella paura. Le famiglie che sono scappate non sono ancora rientrate nelle loro case, per mancanza di sicurezza.
Gli studenti non sono tornati nell'ostello, che rischia di essere chiuso definitivamente. Attualmente ci sono 201 famiglie di aborigeni senza casa: hanno trovato rifugio in una scuola statale. Molti stanno all'aperto. Ma anche di lì la polizia li vuole cacciare.