31/03/2010, 00.00
COREA DEL SUD
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Cattolici coreani uniti contro il Progetto dei grandi fiumi

di Theresa Kim Hwa-young
Per la prima volta dal 1987, la comunità dei fedeli sudcoreani si unisce per fermare un progetto del governo che mette a serio rischio lo sviluppo e l’ecologia del Paese. Il via dato dalla Conferenza episcopale, che cita il Papa: “La natura è il dono di Dio all’uomo, e noi ne siamo responsabili”.

Seoul (AsiaNews) – Dopo il Grande sforzo di giugno, il movimento che nel 1987 spinse i cattolici coreani a unirsi contro la dittatura militare, un nuovo network ha unito la Chiesa asiatica e i suoi fedeli. Insieme al clero e alle organizzazioni sociali di matrice cattolica, i fedeli si sono mobilitati per lanciare e sostenere l’Alleanza cattolica per fermare il Progetto governativo sui quattro fiumi maggiori.

Il Progetto, sostenuto dalla Casa Blu di Seoul, prevede una serie di iniziative e di scavi nei pressi dei quattro corsi d’acqua del Paese. Uno di questi, il Grande Canale, è stato già sconfessato nel 2008 dalla diocesi di Incheon. Il Canale prevede la creazione di una “autostrada acquatica” per unire Seoul a Busan: in pratica, si tratta di uno scavo pari a 540 chilometri che metta in comunicazione i fiumi Han e Nankdong.

Secondo i critici, il piano mette a rischio le risorse di acqua potabile e l’equilibrio ecologico del Paese. Per il nuovo governo, invece, rappresenta un’occasione “unica” per liberare le autostrade dal trasporto merci e per rinnovare il mercato del turismo. In ogni caso, l’esecutivo ha stanziato circa 13 miliardi di euro per il programma. Per gli oppositori, si tratta di “denaro sprecato”.

L’arcidiocesi di Seoul ha lanciato la prima offensiva. Nel corso delle domeniche di Quaresima, davanti alle circa 200 chiese della capitale, sono stati distribuiti dei volantino con sopra scritto “Fermate il Progetto oggi, va contro l’ordine della Creazione” e “Dove passano i fiumi, c’è la vita. Non distruggetela”. Anche le chiese di Incheon e di Gwangju hanno lanciato un’iniziativa simile.

Ma l’impegno più gravoso è stato quello della raccolte firme da presentare al governo: in un mese, oltre 30mila persone hanno firmato un documento che chiede al presidente Lee Myung-bak di fare un passo indietro. Le firme sono state raccolte in oltre 250 chiese sparse per il Paese, e altre si stanno unendo. Ma le chiese sul territorio sono quelle più attive.

I sacerdoti delle diocesi di Seoul, Incheon, Suwon e Uijeongbu – territori che verranno in vario modo colpiti dal Progetto – celebreranno insieme la messa di Pasqua nella zona di Namyangju, che verrà distrutta all’inizio dei lavori. Alla cerimonia è prevista la partecipazione di 2.500 fedeli, così come un numero uguale dovrebbe partecipare a quella che si terrà sul fiume Geumgang.

La mobilitazione dei cattolici è nata il 12 marzo, quando la Conferenza episcopale coreana ha emesso il bollettino conclusivo dell’Assemblea plenaria. Oltre a condannare le politiche abortiste del governo e la Corte Suprema – che ha difeso l’uso della pena di morte – i presuli hanno parlato contro il Progetto sui grandi fiumi.

Tutti noi, si legge nel testo, “siamo preoccupati e non capiamo i motivi alla base di una decisione così grande, presa senza il consenso della popolazione. Mette a rischio lo sviluppo dell’area e l’ecologia del Paese, e sembra non considerare le generazioni future. Come ha detto Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, la natura è il dono di Dio all’uomo. Ne siamo responsabili e non possiamo manipolarla e nostro piacimento”.

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