Borneo: protesta "senza precedenti", i Dayak fermano i radicali islamici
Jakarta (AsiaNews) - I tribali Dayak, popolazione nativa del Borneo indonesiano, hanno promosso una protesta "eccezionale" e "senza precedenti" nella storia del Paese, manifestando sentimenti di aperta ostilità contro membri del Fronte di difesa islamico (Fpi). Lo scorso 12 febbraio a Palangkaraya, capoluogo provinciale delle Kalimantan centrali, centinaia di locali hanno inscenato una protesta di piazza contro il piano dei leader del Fpi - uno dei gruppi musulmani più temuti e potenti dell'arcipelago - di aprire una nuova sede in centro città.
I manifestanti hanno esposto cartelli e striscioni in punti strategici, quindi si sono dati appuntamento all'aeroporto di Tjilikriwut, dove dovevano atterrare quattro leader di primo piano del Fronte islamico incaricati di avviare le pratiche per l'apertura della rappresentanza Fpi.
Finora nessuno aveva osato sfidare a viso aperto il potere del gruppo islamico - protagonista di violenze e macchiato da pessima reputazione - esclamando a gran voce "spiacenti, ma qui non siete desiderati". In passato gli affiliati hanno compiuto attacchi contro minoranze religiose o gruppi etnici, in particolare i cinesi e i le proprietà dei loro discendenti. Lukas Tingkes, vice-presidente del Central Kalimantan Dayak Tribal Council (Dad), spiega che "la presenza del Fpi ha spesso causato tensione e preoccupazione fra i membri di una comunità". Per scongiurare incidenti, i funzionari della sicurezza hanno invitato i delegati del movimento islamico a rimanere a bordo dell'aereo; completate le procedure di sbarco dei passeggeri, il velivolo ha lasciato l'aeroporto di Tjilikriwut e si è diretto a Banjarmasin, capoluogo della provincia di South Kalimantan, dove i quattro capi Fpi hanno preso un mezzo che li ha riportati a Jakarta. Fra questi vi era anche il segretario generale Ahmad Sobri Lubis, mentre mancava il capo storico Syiha (nella foto), rimasto nella capitale perché malato.
I leader Fpi potrebbero presentare un esposto contro quello che definiscono un attacco intimidatorio subito nella giornata di domenica. Tuttavia, in difesa dei tribali Dayak è sceso in campo l'autorevole Setara Institute - apprezzato nella lotta per i diritti umani e la libertà religiosa - che sostiene la loro battaglia contro gli islamisti: non si tratta, spiegano i leader del Setara, di violare la libertà di espressione e i diritti del Fpi, ma di "una netta opposizione" contro le loro violente azioni del passato "che non possono essere tollerate in una società pluralista".
Intanto ieri a Jakarta ha preso il via il processo a carico di Hisyam bin Ali Zein, meglio noto come Umar Patek, fra gli autori della strage di Bali nell'ottobre 2002 in cui morirono oltre 200 persone e coinvolto negli attacchi contro edifici e chiese cristiane durante le vigilia di Natale del 2000 e in altri sei episodi avvenuti a cavallo fra il 2000 e il 2002 contro luoghi di culto cattolici e protestanti. Per anni egli è stato in cima alla lista dei principali ricercati dall'intelligence internazionale e dalla polizia statunitense e indonesiana; gli agenti lo hanno catturato ad Abbottabad, in Pakistan, nel marzo 2011 (cfr. AsiaNews 01/04/2011 Jakarta conferma l'arresto in Pakistan di Umar Patek, mente della strage di Bali), al termine di un conflitto a fuoco nella stessa zona in cui è stato ucciso lo sceicco del terrore Osama Bin Laden, fondatore e capo di al Qaeda.