11/08/2009, 00.00
MYANMAR
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Aung San Suu Kyi condannata: 18 mesi ai domiciliari per escluderla dalle elezioni del 2010

Il tribunale di Yangon ha inflitto alla leader dell’opposizione tre anni di prigione ai lavori forzati. La pena è stata quindi commutata dal generale Than Shwe, capo della giunta militare, ai domiciliari. Un processo montato ad arte dal regime per impedirle di partecipare alle politiche in programma il prossimo anno.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Il tribunale di Yangon ha dichiarato colpevole Aung San Suu Kyi, condannandola a “tre anni di prigione ai lavori forzati”. Il provvedimento è stato quindi commutato – su direttiva di Than Shwe, leader della dittatura militare al potere in Myanmar – a 18 mesi di arresti domiciliari.
 
Si è chiuso con la sentenza di condanna il processo contro la leader del partito di opposizione Lega nazionale per la democrazia (Nld), in un processo costruito ad arte dal regime per mantenere agli arresti la “Signora”. Questa mattina la Corte, con una mossa per molti versi inaspettata, ha concesso ai giornalisti l’ingresso in tribunale per assistere alla lettura della sentenza.
 
Al termine della dichiarazione di colpevolezza e alla condanna, ci sono stati cinque minuti di pausa. Quindi l’ingresso in aula del Ministro birmano degli interni, il quale ha letto un ordine speciale di Than Shwe, che ha deciso la commutazione della pena a “18 mesi agli arresti domiciliari”.
 
Secondo i giudici del tribunale di Yangon, Aung San Suu Kyi avrebbe violato i termini degli arresti domiciliari avendo ospitato per due notti John Yettaw, 54enne cittadino americano (anch’egli sotto processo) nella sua abitazione. Gli avvocati della Nobel per la pace hanno sempre respinto le accuse, spiegando che la leader dell’opposizione ha agito per “motivi umanitari” e la legge in base alla quale è stata incriminata – sulla “Sicurezza dello Stato” – fa riferimento alla Costituzione del 1974, abrogata nel 1988 con l’ascesa al potere dell’attuale dittatura militare.
 
Lo Nobel per la pace è in carcere dal 14 maggio scorso e ha trascorso 14 degli ultimi 20 anni agli arresti domiciliari. Il 26 maggio scorso la giunta militare aveva rimosso il provvedimento dei domiciliari a carico della “Signora”, i cui termini scadevano il giorno successivo. Dopo sei anni di regime restrittivo, la donna avrebbe dovuto tornare in libertà, ma la giunta ha utilizzato l’ingresso del cittadino americano come pretesto per mantenerla in carcere.
 
Fin dall’inizio il caso è sembrato una montatura creata ad arte dalla giunta militare per poter condannare nuovamente la leader dell’opposizione. La giunta militare, al potere in Myanmar dal 1962, ha incriminato la “Signora” per impedirle di partecipare alle elezioni politiche in programma nel 2010. I 18 mesi di arresti domiciliari sono infatti il margine di tempo necessario e sufficiente alla dittatura per escludere la principale candidata dell’opposizione – che ha vinto le elezioni del 1990 e mai riconosciute dai militari – dal panorama politico nazionale.
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