La giunta militare del Myanmar ha liberato più di 3.000 detenuti politici e ritirato le accuse contro altre 5.500 persone. Amici e parenti dei prigionieri ieri hanno gioito, ma è anche una minaccia nei confronti della popolazione, che si ritrova costretta a votare per non essere arrestata. A confermarlo sono gli stessi militari: oltre 700 prigionieri saranno liberi solo condizionatamente e rischiano di tornare in cella al primo segno di dissenso.
I militari e la milizia filogovernativa BGF hanno fatto irruzione nel complesso di Shwe Kokko. Secondo fonti locali, però, la BGF avrebbe evacuato i principali responsabili prima del blitz e migliaia di lavoratori sarebbero fuggiti dopo essere stati avvisati con anticipo. Washington e Pechino hanno avviato iniziative parallele contro le attività che finanziano questa economia criminale, ma molti analisti restano scettici: senza colpire le reti che legano esercito, milizie e gruppi criminali, i raid rischiano di essere solo operazioni d’immagine.
Il presidente francese ha chiesto anche la liberazione di Aung San Suu Kyi. Il regime militare nel frattempo ha intensificato la propria propaganda costringendo artisti e attori a sostenere le elezioni. Ill Ta’ang National Liberation Army nelle scorse settimane ha firmato un cessate il fuoco mediato dalla Cina che consente alla giunta di riprendere il controllo di parte della regione di Mandalay. A Mogok la popolazione ha risposto con nuove proteste.
Un’imbarcazione carica di profughi rohingya e cittadini bengalesi si è rovesciata al largo di Langkawi in uno dei peggiori incidenti mai registrati. Le autorità malesi hanno comunicato finora sette vittime e solo 13 sopravvissuti. Solo quest'anno l'UNHCR ha denunciato oltre 600 morti o dispersi lungo le rotte del Golfo del Bengala.
A poche settimane dalle elezioni volute a tutti i costi dalla giunta militare birmana in un Paese ancora in guerra i vescovi del Paese hanno diffuso un messaggio al proprio popolo, messo in ginocchio dalla crisi generale causata dal conflitto, dal terremoto e dal collasso economico. "tre milioni di persone sfollate non sono numeri. La pace è l’unica via. Non permettiamo all’odio di definirci. Non lasciamo che la disperazione vinca".
Dopo l'operazione in grande stile al KK Park, nell'area di Myawaddy al confine con la Thailandia, un migliaio di persone forzatamente impiegate in queste attività illecite si sono riversate oltre confine. Lo scetticismo di alcune fonti locali: "Operazione dimostrativa legate alle minacce di sanzioni emerse anche durante il vertice dell'Asean. Ma le reti criminali restano radicate e godono di coperture politiche".