“Diritto di pregare” in India: donne marciano verso un tempio indù ma vengono bloccate
La polizia del Maharashtra ha fermato la protesta pacifica delle donne, circa mille, che volevano entrare nel tempio indù di Shani Shingnapur. La religione le considera “impure” e impedisce loro l’accesso ai luoghi di culto. Gli utenti dei social network schierati a favore delle donne. In Kerala un guru propone un macchinario per indagare sulla fertilità delle devote.
Mumbai (AsiaNews/Agenzie) – Oltre 1000 donne sono state bloccate dalla polizia dello Stato del Maharashtra mentre tentavano di raggiungere a piedi il tempio Shani Shingnapur di Ahmadnagar. Reclamando il loro “diritto di pregare”, le manifestanti avevano dato vita ad una protesta pacifica per opporsi alla tradizione indù che vieta loro l’ingresso al tempio. Ma le autorità le hanno fermate a circa 70 chilometri dalla città, impedendogli di raggiungere l’area di culto. Le donne avevano anche noleggiato un elicottero, prevedendo la reazione della polizia, ma i circa 600 agenti schierati a difesa del tempio non hanno permesso il decollo.
La protesta è stata organizzata dal gruppo Bhumata Ranragini Brigade (le Donne guerriere della madre terra). Trupti Desai, presidente del gruppo, ha dichiarato ad un giornale indiano: “Siamo determinate a porre fine a questa tradizione sgradevole”. Le fedeli indù infatti non hanno il permesso di entrare nei luoghi di culto della loro religione, perché vengono considerate “impure”.
Nelle ultime settimane la sollevazione femminile ha acquistato sempre più visibilità. La marcia è stata seguita con interesse anche dagli utenti dei social network, che esprimono le loro opinioni utilizzando gli hashtag “diritto di culto” e “diritto di pregare”. Uno di loro ha scritto sul suo profilo Twitter: “Le impurità vengono dalla mente. Dio accoglie tutti. Le tradizioni religiose vengono inventate dagli uomini”.
Il tempio di Shani Shingnapur non è il solo a vietare l’ingresso delle donne. Da alcuni mesi anche le donne del Kerala stanno protestando contro la pratica che vieta loro l’accesso al tempio Sabarimala Ayyappa. In questo caso i toni si sono fatti più accesi e anche la Corte suprema dello Stato è intervenuta in materia.
Il contenzioso è venuto alla luce quando Thazhamon Madom Kandararu Rajeevaru, il capo dei sacerdoti, ha detto: “Il dio Ayyappan è casto. Perciò permettere alle donne l’adorazione nel tempio è peccato”. In seguito il direttorio del tempio, guidato da Prayar Gopalakrishnan, ha dichiarato che “il consiglio protegge gli interessi dei fedeli. La divinità del tempio deriva da questa tradizione e la proteggeremo ad ogni costo”.
Il sacerdote ha attirato numerose critiche quando ha proposto l’invenzione di un macchinario in grado di indagare se le donne sono “pure”. In caso contrario, tutte coloro che hanno un’età compresa tra i 10 e i 50 anni – quello che di solito è considerato il periodo di fertilità – sono bandite.
In quel caso la reazione dei social network è stata immediata, con gli utenti che protestavano reclamando la libertà di culto anche per le donne. Il contenzioso è ancora in corso e ha preso una piega oscura quando Naushad Ahmed Khan, l’avvocato che difende la posizione delle donne di fronte alla Corte suprema, ha denunciato di aver ricevuto più di 700 minacce, dirette a fargli ritirare il caso in tribunale.
22/09/2022 10:51