‘Uncle Jerry’, costruttore di ponti con la Cina attraverso la tivu
Il gesuita George Gerald Martinson è morto lo scorso 31 maggio. La sua missione in Asia usando i media per insegnare inglese, musica, la storia dei gesuiti in Cina, papa Francesco.
Taipei (AsiaNews) – “Uncle Jerry”, come è conosciuto in Cina e in molti paesi dell’Asia orientale, è morto improvvisamente il 31 maggio scorso di infarto. Quattro giorni prima era tornato dal suo ultimo viaggio a Pechino dove ha collaborato alla produzione di un documentario su Teilhard de Chardin, famoso paleontologo gesuita che apparteneva al team degli studi sull’homo erectus pekinensis, i cui resti erano stati scoperti nelle vicinanze della capitale cinese.
George Gerald Martinson, appunto padre Jerry (丁松筠神父), era attualmente il secondo gesuita più famoso al mondo (il primo risiede in Vaticano) grazie al suo lavoro di produttore e attore televisivo nella nazione più popolosa del pianeta e in quelle circostanti. Era famoso anche per le sue famose lezioni di inglese e di valori umani che hanno formato generazioni di asiatici a comunicare nella lingua più usata sul pianeta e soprattutto per la sua personalità carismatica, gentile e ispiratrice che non lasciava indifferente nessuno dopo averlo incontrato. Queste sue caratteristiche non erano marginali: non si arriva a questi livelli di popolarità e di influenza senza una personalità fuori dal comune e una grande umiltà di fondo.
A Kuangchi Program Service (KPS, 光啟社) di Taipei, dove lui ha lavorato per più di 45 anni, nessuno ricorda di essere mai stato rimproverato da lui: un dono particolare nell’essere sensibile con i suoi interlocutori, una capacità di empatia e di comunicazione innate erano alla base della sua trasparente ed accattivante personalità. Il suo migliore amico John Hei (黑幼龍), presidente di Carnegie Training in Asia, lo ricorda così : «La mia professione è aiutare le persone a comunicare senza giudicare l’interlocutore, ad avere un atteggiamento costruttivo e ad essere un buon manager: Jerry non aveva bisogno dei nostri consigli, possedeva già di suo tutte queste qualità innate e le coltivava quotidianamente con assiduità».
Prima i telespettatori di Taiwan e poi quelli del continente non hanno tardato a scoprire questo giovane prete bello, intelligente e accessibile a tutti, e ad innamorarsene tanto da non dimenticarselo più. Il primo giugno tutti i giornali hanno riportato la notizia della morte ed il giorno dopo tutte le prime pagine degli stessi giornali riportavano il suo essere diventato legalmente taiwanese: sì, perché proprio il primo giugno, il ministero degli esteri aveva preparato negli studi televisivi di KPS la consegna ufficiale della cittadinanza per padre Jerry Martinson. Due giorni prima lui è deceduto ma nessuno ha nemmeno potuto pensare lontanamente di cancellare la cerimonia, che così è diventata un atto di commemorazione. Tutte le televisioni e le testate dei giornali erano presenti, e la consegna si è trasformata in un omaggio all’esistenza donata da Jerry per la gente che amava a Taiwan, in Cina e nell’intera Asia. A ricevere la cittadinanza era presente suo fratello Barry (丁松青神父), anche lui gesuita e parroco in un villaggio aborigeno nella provincia di Hsinchu.
La povertà e la vocazione
Jerry è nato a san Diego, California il 2 dicembre 1942, primo di tre fratelli. Suo papà è morto quando lui aveva solo 10 anni, sua mamma si è presa cura dei tre piccoli Martinson e li ha cresciuti con amore e con forza in mezzo a tante ristrettezze economiche. Questa sua forza e determinazione è stata assorbita dai figli. Jerry era solito ripetere ai suoi impiegati a Kuangchi: «Nei momenti difficili non facciamoci prendere dal panico, valutiamo la situazione e risolviamo il problema». Suo fratello Barry ricorda la loro infanzia : “Eravamo molto poveri, ricordo che una volta abbiamo vinto un viaggio a Disneyland, una giornata intera che comprendeva anche un pranzo nel ristorante, non credevamo ai nostri occhi di fronte a quel buffet di cose buonissime, abbiamo mangiato talmente tanto che poi non riuscivamo più a camminare, siamo stati quasi male per l’indigestione!”. Durante la scuola superiore Jerry aiutava la mamma guadagnando qualche soldino come impiegato part-time nel famoso zoo di San Diego: “Mi piacevano gli animali, mi piaceva accudirli e stare con loro” ricordava. Lo stesso affetto che aveva per le creature dello zoo lo moltiplicava per gli esseri umani. “Quando si parla di lui è facile cadere in un discorso celebrativo, ma tutta questa ammirazione rispecchia la realtà della sua persona: chi non crede alla realtà di queste lodi e alla stima spontanea che lui creava è perché non l’ha conosciuto!” dice Nancy Wang (王念慈) con le lacrime agli occhi.
Dopo la scuola superiore, Jerry decide di entrare in noviziato nella provincia californiana della Compagnia di Gesù, seguito due anni dopo da suo fratello Barry. Durante i primi anni di formazione scopre che la sua sensibilità generosa e cordiale ha bisogno di orizzonti più vasti e chiede di andare in missione in Asia, dove viene inviato dal suo provinciale. Così salpa in nave “su una di quelle navi che trasportano merci con altri compagni inviati anch’essi in missione - raccontava lui. Dalla California siamo arrivati dopo un mese in Corea, e in quei giorni uno di noi con una piccola telecamera e uno straccio di sceneggiatura ci ha coinvolti in un film sperimentale: iniziava in anteprima la mia avventura con il mondo dei media”. In realtà lui non sapeva che quello della produzione di documentari, di fare il presentatore e di ‘creare ponti’ sullo schermo, (come amava definire il suo lavoro nei mezzi di comunicazione) poi sarebbe stata la sua missione: ha prima studiato cinese a Hsinchu (新竹市), e siccome non gli andava di farlo in un’istituzione, ma voleva imparare a parlare con la gente comune, ha chiesto di vivere in una famiglia ed è stato assecondato. La sua riluttanza a conformarsi tout court con le istituzioni lo rendeva amabile e accessibile alla gente semplice. Poi ha compiuto gli studi di teologia a Taipei, ma a lezione si sentiva spesso un pesce fuor d’acqua: “Non capivo come potevo comunicare quelle cose teoriche alla gente, era un mondo separato”.
L’omelia e la band
E così, incoraggiato dai superiori che intelligentemente ne coglievano l’appeal, ha preso la chitarra e ha cominciato a tenere semplici lezioni di etica all’università. “Per il fatto di essere intonato, bello e accessibile a noi suoi coetanei e agli studenti più giovani, ha avuto un successo enorme nel campus” racconta una delle sue studentesse, nonché fan, dell’epoca: “Andavamo a lezione per sentirci uniti, per stare con lui e per cantare le hit sia americane sia cinesi del momento con la sua band”. Sì, perché intanto Jerry aveva messo su una band con suo fratello Barry e due amici taiwanesi: i due Martinson chitarra e voce, più un bassista e un batterista. “Suonavano alla sera di solito nel bar a due incroci di distanza dalla chiesa della Sacra Famiglia - racconta padre Alan Grisewood (桂雅安神父), missionario inglese loro coetaneo - avevano davvero successo! Jerry mi diceva: non posso stare solo in chiesa a fare l’omelia, devo andare dove la gente vive”.
Vista tutta questa fama che sta crescendo (Jerry poi umilmente confidava: “allora era più facile attirare l’attenzione, non c’era tutta questa industria dell’intrattenimento”) il padre provinciale lo invia a Kuangchi Program Service per lavorare in televisione. “Kuangchi Program Service, creato un decennio prima da un altro gesuita visionario, viveva il suo periodo d’oro: era la produzione televisiva più importante di Taiwan e di gran parte del mondo televisivo cinese: alla sera, dopo aver scritto le sceneggiature dei programmi tutto il giorno, camminando per tornare a casa sentivamo nelle tivù degli appartamenti i programmi prodotti da noi” racconta una anziana scrittrice ora in pensione. “Alcuni dei nostri programmi raggiungevano i 35 punti di share” ricordano i dirigenti di allora.
Mickey Mouse e i rifugiati
Era il mondo perfetto per Jerry: subito alla ribalta! No, non proprio così, infatti egli diceva: “Ho semplicemente cominciato a tradurre in cinese i cartoni animati di Mickey Mouse, avevo una piccolo tavolino in un angolo di una stanzetta al quarto piano e lì lavoravo tutti i giorni”. Passare dall’intrattenimento amatoriale al mondo professionale ha richiesto un tempo di gavetta e di formazione per capire dall’interno la struttura di produzione. Ma la stoffa c’era ed era innata e innegabile. Il suo cinese ormai era elegante e praticamente perfetto, il suo essere fotogenico e amabile preludevano al suo destino sul piccolo schermo addirittura in prima serata.
Lui ha condotto anche una edizione della serata di gala dei premi televisivi taiwanesi e anni dopo, grazie alla sua propria produzione, ha addirittura vinto l’oscar per il miglior documentario: il cavallo d’oro (金馬獎) che è il massimo dei premi cinematografici nel mondo cinese. Siamo nel 1986 e questa è una tappa fondamentale che riassume la missione di Jerry e il senso della sua vocazione come persona e come prete.
Il documentario che ha vinto il 23mo Golden horse si intitola “Beyond the killing fields” (殺戮戰場的邊緣) e riporta la vita dei rifugiati alla frontiera tra la Thailandia e la Cambogia. Jerry appare come intervistatore delle persone che vivono all’interno del campo. Il risultato finale è una storia toccante sulle sofferenze patite da coloro che avevano lasciato tutto a causa della guerra: come conduttore, lui riesce a far leva sul bisogno di costruire comunità e sul tocco umano che queste persone stanno cercando. Il suo microfono e la telecamera diventano un punto di attrazione attorno a cui si raccolgono i rifugiati per raccontare le loro storie di fuga dalle loro case e dalle loro famiglie. “Sono stati due anni incredibili - ricordava una volta Jerry - prima la produzione in Thailandia, poi il ritorno a Taiwan, il lavoro di montaggio e infine la scoperta da parte delle principali emittenti, prima taiwanesi e poi asiatiche: ha creato un’ondata di commozione, di donazioni in termini di offerte economiche e di solidarietà. Pensa ad esempio che per più di un anno i tassisti non mi facevano pagare la corsa e mi dicevano di volerla offrire per i rifugiati: incredibile il potere dello schermo e dei valori che può trasmettere!”.
Questo rivela il fatto che la celebrità di cui Jerry era oramai oggettiva e non l’aveva distolto dal senso della sua missione come prete e come cristiano, costituita dal contatto con i più emarginati. “Qui a Taipei, la domenica andavo a celebrare la messa nel cantiere edilizio dove lavoravano i migranti indonesiani, proprio qui vicino al nostro studio televisivo dove sorgevano le nuove costruzioni: gente davvero povera e soprattutto inascoltata, proprio la gente a cui Gesù si avvicinava”.
Un prete per l’Asia e la Cina
Un giorno due fratelli taiwanesi lo incontrano e gli offrono un progetto: insegnare inglese sia in TV sia in videocassetta: loro sarebbero stati i suoi produttori. Lui all’inizio è perplesso, non gli interessa fare l’insegnante di inglese, poi capisce la forza del progetto, che può consolidare, allargare e rendere ancora più duratura l’audience a disposizione. Quando i fratelli tornano ad incontrarlo, Jerry dice loro che accetta la proposta. Nasce così Giraffe English (長頸鹿美語) una catena di scuole per l’insegnamento dell’inglese che si allarga a macchia d’olio prima in Cina e poi in tutta l’Asia orientale. Da allora la fama di Jerry diventa inarrestabile. Nascono i contratti con la televisione satellitare Phoenix basata a Hong Kong e con le televisioni provinciali cinesi. In continente (dove ora la catena ha più di 500 principali ramificazioni senza contare tutte le sottosezioni) la figura di Jerry è ormai un marchio stabilito, viene invitato al lancio dei prodotti nelle principali metropoli e lui coglie l’occasione per diffondere valori e costruire ponti. Questo cammino e questa forza della sua immagine gli apre la strada alla collaborazione con la televisione nazionale cinese (CCTV, 中央電視台), che a partire dal 2005 mette in onda le co-produzioni di Kuangchi Program Service e Jiangsu TV (江蘇電視台) di tre approfonditi documentari sulla storia dei gesuiti in Cina: Paul Xu Guangqi (徐光啟), Adam Schall von Bell (湯若望) e Giuseppe Castiglione (郎世寧), quest’ultima - sull’artista milanese - un vero successo. Una quarta produzione, su Matteo Ricci (利瑪竇), è ora in via di completamento. Tali produzioni sono il frutto della profonda determinazione nel voler costruire ponti di dialogo, volontà che ha contraddistinto l’intera vita di Jerry.
Prima della cerimonia di commemorazione del peimo giugno, un intervistatore ha chiesto ad un collaboratore di Jerry come poteva conciliare il fatto di essere famoso e allo stesso tempo così accessibile e vicino alla gente: “Essere molto conosciuto richiedeva anzitutto una grande pazienza: quando ho cominciato a collaborare con lui, a volte gli chiedevo di discutere su una nuova idea e andare a bere un caffè al bar in fondo alla strada: impossibile! in quei cento metri veniva fermato da almeno venti persone che lo volevano salutare e scambiare due parole con lui. Il caffè andavo rassegnato a comprarlo e lo bevevamo per strada. Una volta ho chiesto a Jerry: ‘A parte tutta la pressione che senti per essere sempre sotto l’attenzione di tutti, cosa provi quando sali sul treno e tutti ti salutano?’ e lui subito: “E’ ogni volta una benedizione”.
Padre Emilio Zanetti (蔡明隆神父) che negli ultimi cinque anni ha collaborato con lui a Kuangchi Program Service racconta: “Io lo prendevo in giro: ‘Incontrerò mai persone famose quasi come te?’ . Due anni fa siamo finalmente arrivati all’esame finale: il suo confronto diretto coi grandi del cinema. Per la produzione del film Silence (沈默), girato da Scorsese qui a Taipei, eravamo insieme sul set. Ricordo che la prima mattina siamo arrivati con Andrew Garfield per andare nella zona dov’erano gli assistenti di produzione. Io camminavo a distanza dietro Andrew e Jerry, con un’altra persona. Andrew era il primo a entrare nel cortile vicino agli uffici, poi Jerry. Alzo lo sguardo e vedo che tutti vanno incontro a Jerry per salutarlo: “Non-ci-posso-credere!” mi dico “ha battuto anche l’Uomo Ragno!”. Una ragazza della produzione mi si avvicina sorridendo e dice: “Lui è la nostra superstar!”.
Jerry imparava sempre qualcosa da tutti coloro che incontrava: negli ultimi due anni ha condotto il programma televisivo a puntate su papa Francesco, intitolato Oh my God! ed era colpito dall’esempio di Francesco, un papa che ascolta: “quando parliamo con la gente e ci viene la tentazione di sparare giudizi affrettati, ricordiamo la sua frase: “Chi sono io per giudicare?”.
Più di 20 anni fa era uscito un libro su Jerry intitolato: “Un prete che non sembra un prete” (一個不像神父的神父); tra un paio di mesi uscirà un nuovo libro, a questo punto postumo, sulla sua vita, scritto da lui lo scorso anno insieme ad un giornalista di una grande casa editrice di Taipei. Come diceva uno dei suoi studenti: “Aspettiamo di conoscere nuovi aspetti della sua vita e con tutti quanti lo hanno conosciuto lo ringraziamo per farci conoscere ancora di più Gesù e per quanto ci ha dato. Grazie Jerry!”.
02/10/2017 10:07
21/01/2021 12:57