India, se offendi gli dei o chiedi il salario rischi la lingua
Lucknow (AsiaNews) – Ha chiesto di essere pagato per il lavoro che aveva svolto, ma il datore lo ha prima percosso e poi gli ha mozzato la lingua. È successo a Tufani Musahar, lavoratore indiano residente nel villaggio di Gariyaon, nel distretto di Jaunpur (nello Stato centrale dell’Uttar Pradesh). L’uomo, un tribale istruito anche se appartenente ai Musahar [una delle comunità fuori-casta più povere di tutto il Paese, conosciuta come “acchiappa topi” – ndr], ha provato più volte a sporgere denuncia, ma i poliziotti si rifiutano di registrare il caso di violenza. Non solo, un leader nazionalista indù minaccia il taglio della lingua anche per due scrittori, rei di aver “insultato” le divinità indù Rama e Krishna. Ad AsiaNews Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), condanna con durezza queste dichiarazioni “pericolose per la pace sociale, l’armonia e la coesistenza pacifica delle religioni”.
Il caso del lavoratore pestato e poi mutilato risale al 5 settembre scorso, ma è stato reso noto solo ieri grazie alla denuncia dell’attivista Shruti Nagvanshi, che ha richiesto l’intervento della Human Rights Commission dell’India. Tufani, dopo aver eseguito dei lavori di costruzione nella casa di Santosh Shukla per un valore di 900 rupie (circa 12 euro), ha chiesto di essere pagato. Tra i due è nato prima un diverbio, poi tramutatosi in colluttazione, fino a quando il datore di lavoro ha estratto un coltello e ha tagliato la lingua al manovale, aiutato da alcuni complici. L’uomo poi ha perso i sensi e, solo dopo essersi risvegliato, si è recato presso la stazione di polizia locale. “Ma i poliziotti si sono rifiutati più volte di registrare il caso – denuncia l’attivista – e lo accusano di mentire. Dal momento che non è stato sottoposto ad esami medici, essi sostengono che il taglio possa essere stato provocato da un incidente”.
Sul taglio della lingua è intervenuto anche lo swami Siddalinga, che ieri ha dichiarato in una conferenza a Kalburgi (nel nord del Karnataka) che gli indù sono molto risentiti per i commenti fatti dai professori KS Bhagwan e Chandrashekhar Patil sui poemi epici della mitologia induista, i testi “Ramayana” e “Mahabharata.” Di recente il professore Bhagwan aveva affermato ad una tv indiana che gli dei Rama e Krishna non devono essere venerati perché non sostengono i diritti umani. Le sue dichiarazioni hanno scatenato la furia degli indù, tanto che il guru ieri ha minacciato: “I poemi epici sono considerati testi sacri da milioni di indù. Le persone non tollereranno i commenti denigratori sul personaggio di Ramayana, che è oggetto di adorazione. Anzi, taglieranno la lingua agli scrittori se essi non smetteranno di insultare le divinità indù”.
Secondo Sajan K George, “queste dichiarazioni provocatorie incoraggiano le tensioni settarie e provocano un senso di insicurezza tra le minoranze. L’India è una repubblica democratica laica e questi commenti mettono in pericolo la pace sociale nel Paese”. Egli infine ricorda che sono state proprio le minacce dei leader nazionalisti indù che hanno portato nel 2008 alle violenze nell’Orissa, il più feroce massacro contro i cristiani in India, e agli attacchi contro le chiese nel Karnataka.
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)
06/12/2018 10:43