È Ram Nath Kovind, un dalit, il 14mo presidente indiano: esultano i nazionalisti
L’ex governatore del Bihar ha vinto con quasi il 66% dei voti. Egli è sostenuto dal partito nazionalista indù del premier Narendra Modi. Un risultato “scontato”, che conferma la furbizia politica del premier. Nel 2019 si terranno le elezioni per il governo federale. I dalit, prima emarginati, ora sono corteggiati dalla politica: il loro peso elettorale è pari al 16%.
New Delhi (AsiaNews) – Il 14mo presidente indiano è Ram Nath Kovind, 71 anni di origini dalit. Il politico, ex giudice della Corte suprema ed ex governatore del Bihar, è il candidato della National Democratic Alliance (Nda) guidata dal partito nazionalista indù Bjp (Bharatiya Janata Party). Con quasi il 66% delle preferenze, ha sbaragliato la sua sfidante, Meira Kumar, anch’essa dalit e sostenuta dalla United Progressive Alliance capeggiata dal Congress Party. Nel suo villaggio natale, in Uttar Pradesh, i sostenitori del partito indù stanno manifestando per le strade, in quella che da tutti gli analisti viene identificata come l’ennesima abilissima mossa (e vittoria) politica del premier Narendra Modi.
Lo spoglio dei voti è iniziato questa mattina e le notizie dell’ultima ora confermano un risultato già scontato in partenza. Gli elettori, oltre 4.800 rappresentanti politici dell’amministrazione statale e federale, hanno espresso la propria preferenza lo scorso 17 luglio. Da subito è emerso che il candidato favorito era Kovind, un politico di lungo corso stimato per la sua neutralità e competenza. Nei giorni scorsi ha affermato che in caso di vittoria, “risponderà solo alla Costituzione”.
Alla luce del risultato, l’elezione presidenziale conferma l’abilità politica di Modi nella scelta dei candidati. Come già avvenuto nei mesi scorsi in Uttar Pradesh, dove i nazionalisti indù hanno dominato la tornata amministrativa, anche la nomina di Kovind appare “funzionale” ai progetti di governo dell’attuale premier. Gli esperti concordano nell’affermare che la nomina di un candidato dalit ha lasciato di stucco le opposizioni, costrette a “rincorrere” il candidato con la nomina di un’altra dalit, la prima presidente donna del parlamento e figlia dell’ex premier dalit Babu Jagjivan Ram.
In India la carica presidenziale ha un valore per lo più di rappresentanza, anche se può diventare decisiva nella nomina dei governi qualora dai risultati elettorali non dovesse delinearsi una chiara maggioranza. Oggi la scelta di Kovind viene interpretata come snodo fondamentale in vista delle prossime elezioni per il governo dell’Unione, che si terranno nel 2019. Il politico viene rappresentato come un personaggio dal basso profilo, “non irritante per il governo di Modi, che lavora con un senso di totale potere e non gradisce una distrazione dai propri piani”. Non solo, la sua vittoria potrebbe suscitare un fascino decisivo sugli oltre 200 milioni di dalit indiani che, in termini di consensi, pesano per il 16% dei voti. Da sempre emarginati dalla vita politica e sociale, ora i dalit (ex “intoccabili”) emergono come l’ago della bilancia della politica indiana, ancor più dei musulmani che rappresentano il 14% dell’elettorato. Jawed Naqvi, giornalista inviato del Dawn (quotidiano pakistano) a Delhi, nei giorni scorsi ha scritto: “È sorprendente come le vittime della propria tirannia spesso diventino ardenti sostenitori dell’oppressore […] Si tratta di un pizzico di opportunismo guidato dal desiderio umano di essere dalla parte del vincitore”.