Yuan e petrolio: la sinergia anti-sanzioni di Cina e Russia non decolla
Estromessa dalla piattaforma di pagamenti internazionali Swift, Mosca non ha fatto ricorso a quella cinese (Cips). Putin puntava sullo yuan per superare l’esclusione dal sistema del dollaro dopo l’attacco all’Ucraina. Le raffinerie in Cina fermano l’acquisto di greggio dalla Russia per dicembre: aspettano l’entrata in vigore delle nuove sanzioni occidentali al settore petrolifero russo.
Pechino (AsiaNews) – Non ci sono indizi che la Russia abbia fatto ricorso al sistema cinese di pagamenti internazionali Cips per aggirare le sanzioni dell’Occidente, adottate in risposta alla sua invasione dell’Ucraina. Come risulta che le raffinerie in Cina abbiano diminuito gli acquisti di petrolio russo per dicembre.
Dopo l’aggressione a Kiev in febbraio, Usa, Unione europea e altri Paesi occidentali hanno punito Mosca anche con la sua esclusione dal Swift, la principale piattaforma di transazioni internazionali controllata da Washington. Estromessi dal sistema del dollaro, i russi hanno scommesso sulla sinergia finanziaria con la Cina, interessata a promuovere l’internazionalizzazione della sua moneta (lo yuan) come elemento della propria ascesa geopolitica.
A oggi nessuna banca russa partecipa direttamente al Cips, che conta 1.353 fruitori in 107 Stati e territori. Il confronto con il Swift è impari: l’associazione con sede in Belgio raccoglie 11mila istituti bancari e finanziari di 200 fra nazioni e altre entità territoriali.
Analisti osservano che il sistema di pagamenti cinese non può essere d’aiuto alla Russia – in sostituzione di quello dominato dagli Usa – perché la Cina non permette la libera circolazione dei capitali, fondamentale per l’uso dello yuan a livello globale. I dati forniti dallo Swift parlano chiaro: a ottobre il dollaro è stato usato in oltre il 42% delle transazioni globali; sebbene in crescita, lo yuan si è fermato poco sopra il 2%.
Sul fronte energetico le prospettive per Putin non sono migliori. La Cina ha acquistato quest’anno ingenti quantità di petrolio russo a prezzi scontati: un vantaggio per entrambe le parti, visti i problemi economici interni dei cinesi e la necessità per Mosca di trovare alternative al mercato europeo (destinato ad azzerarsi).
Lo stop dei raffinatori cinesi all’acquisto di alcune partite di petrolio russo coincide con l’entrata in vigore il mese prossimo del tetto al prezzo (price cap) del greggio di Mosca, concordato dai Paesi del G7, e del blocco Ue alle importazioni via mare di crudo dalla Russia.
Secondo Bloomberg, gli acquirenti cinesi vogliono aspettare l’applicazione pratica delle imminenti restrizioni occidentali, così da ottenere magari prezzi ancora più vantaggiosi per il petrolio russo.
Il calcolo cinico delle raffinerie in Cina è la dimostrazione indiretta che non esiste un vero e proprio blocco anti-occidentale formato da Pechino e Mosca. Dallo scoppio del conflitto in Ucraina, i cinesi hanno accresciuto l’acquisto di gas e petrolio dalla Russia per motivi di convenienza economica, non tanto per il calcolo strategico di rafforzare Putin in una lotta contro Washington e i suoi alleati. La firma da parte di Xi Jinping della dichiarazione finale del recente G20 di Bali, dove si condanna con qualche distinguo l’attacco russo a Kiev, lo testimonia in modo chiaro.
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