Yemen, ong internazionali: effetti ‘disastrosi’ dall’escalation militare
Il grido d’allarme lanciato da 26 ong internazionali sinora operative sul terreno nel portare aiuti e sostegno alla popolazione, almeno 21 milioni a rischio fame. Una nazione “già duramente provata dalla crisi umanitaria” e che cercava a fatica di risollevarsi. Nonostante gli appelli continuano gli attacchi di Londra e Washington contro gli Houthi, che annunciano nuovi assalti nei mari.
Dubai (AsiaNews) - Un appello alla de-escalation militare, per scongiurare conseguenze ancor più “disastrose” per una nazione che molto ha sofferto, nell’ultimo decennio, per un conflitto durissimo e, al tempo stesso, dimenticato dalla comunità internazionale. Una nazione che nell’ultimo periodo stava cercando di risollevarsi, seppur a fatica, ma che le recenti tensioni nel Golfo e gli attacchi Houthi alle navi commerciali dirette nel mar Rosso, con la durissima risposta militare di Washington e Londra, ha fatto tornare ai tempi più bui della guerra. Da qui la decisione di 26 ong e gruppi umanitari attivi in Yemen di far sentire la propria voce, soprattutto per la popolazione civile “già duramente provata dalla crisi umanitaria”.
La crisi umanitaria nel Paese arabo resta fra le “più grandi” al mondo, spiegano le ong firmatarie che operano da tempo sul terreno yemenita, e questo ulteriore fronte di crisi fra Occidente e miliziani (filo-iraniani) “non farà che peggiorare la situazione”. E finirà per “ostacolare la capacità delle e organizzazioni umanitarie di fornire servizi essenziali”.
“Esortiamo - prosegue il documento - tutti gli attori a dare priorità ai canali diplomatici rispetto alle opzioni militari per una de-escalation della crisi e per salvaguardare i progressi compiuti negli sforzi di pace in Yemen” per proteggere i civili e le infrastrutture. Le ong allargano la prospettiva all’intera regione mediorientale, richiamando il conflitto a Gaza quale detonatore di nuove tensioni e violenze in tutta l’area. Da qui l’appello a un “cessate il fuoco immediato e duraturo” nella Striscia, per “salvare vite umane e scongiurare ulteriore instabilità nella regione”.
Il conflitto in Yemen è divampato nel 2014 come scontro interno e si è inasprito trasformandosi in guerra aperta con l’intervento, nel marzo 2015, di Riyadh a capo di una coalizione di nazioni arabe, che ha fatto registrare in questi anni quasi 400mila vittime. Secondo le Nazioni Unite, la guerra ha provocato la “peggiore crisi umanitaria al mondo”, sulla quale il Covid-19 ha sortito effetti “devastanti”; almeno 21 milioni di persone (i 2/3 della popolazione) sono sull’orlo della fame o necessitano di cibo e assistenza per le risorse di base e i bambini - 10mila morti nel conflitto - subiranno le conseguenze per decenni. Gli sfollati interni sono oltre tre milioni, la maggior parte vive in condizioni di estrema miseria, fame ed epidemie di varia natura fra cui il colera.
Una ulteriore escalation, come aveva già sottolineato ad AsiaNews il vicario apostolico dell’Arabia meridionale Paolo Martinelli “può rendere più difficile la ripresa dello Yemen” in un quadro di ripresa che resta “comunque necessariamente lento”. Una recrudescenza delle violenze spingerebbe poi “un maggior numero di organizzazioni a interrompere le proprie attività” prosegue la nota delle 26 ong. “La scarsità e l’aumento dei costi dei beni di prima necessità, come cibo e carburante, non faranno altro - spiega - che esacerbare la già grave crisi economica, aumentando la dipendenza dagli aiuti e portando a rischi in termini di protezione umanitaria”.
A dispetto degli appelli, la pressione militare di Stati Uniti e Gran Bretagna contro gli Houthi non sembra destinata ad attenuarsi, con gli alleati che hanno compiuto la notte scorsa un quarto round di attacchi e le milizie ribelli che si dicono pronte a continuare gli attacchi ai mercantili. Operazioni che vengono giustificate dalla “solidarietà” ai palestinesi a Gaza e alle vittime civili del conflitto lanciato da Israele contro Hamas nella Striscia, mentre sulla questione si registra da ultimo l’intervento di Mosca. Il ministro russo degli Esteri Serghei Lavrov ha dichiarato che Londra e Washington dovrebbero fermare i raid perché più vi saranno bombardamenti e “meno gli Houthi desiderano dialogare”. Con le inevitabili ripercussioni sulla popolazione civile.
Fra le ong firmatarie dell’appello troviamo: ADRA Yemen, CARE, Caritas Poland, Humanity & Inclusion - Handicap International, International Rescue Committee, Islamic Relief, Norwegian Refugee Council, Relief International, Save the Children e Vision Hope International. “La nostra capacità di raggiungere le popolazioni più vulnerabili sta già subendo l’impatto dei tagli ai finanziamenti globali e della sospensione degli aiuti alimentari” conclude la nota, che si rivolge ai leader politici perché prendano in considerazione le “terribili implicazioni umanitarie dell’escalation militare” che può tradursi in un “nuovo conflitto armato su larga scala in Yemen. La recente escalation sottolinea anche il rischio di un più ampio confronto regionale e internazionale che potrebbe minare il fragile processo di pace dello Yemen e la ripresa a lungo termine”.