Xinjiang: uccisi 17 “terroristi” uighuri, tra loro anche donne e bambini
Urumqi (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità cinesi della provincia nordorientale dello Xinjiang hanno ucciso 17 persone, tra cui donne bambini, accusati di terrorismo. Lo riferiscono gli ufficiali di polizia della prefettura di Bay, citati da Radio Free Asia. Exmet Abliz, capo del dipartimento di polizia di Qeyir, ha detto: “I miei superiori ci hanno informati che tutti i terroristi sono stati uccisi e ci hanno detto di rimanere allerta per una possibile vendetta”. Secondo altre fonti interne alla polizia, i 17 sospettati sono stati fatti saltare in aria nella caverna dove si nascondevano. Essi erano ricercati per l’attacco alla miniera di carbone Sogan, avvenuto il 18 settembre scorso, in cui hanno perso la vita 50 persone.
Dell’attentato erano stati accusati gli uighuri, etnia musulmana e turcofona maggioritaria nel Xinjiang, che chiede a Pechino autonomia culturale e religiosa. Da quasi due mesi, la polizia cinese cercava 17 persone, incluse le tre “menti” dell’attentato – Tursun Jume, 46 anni, Musa Toxtiniyaz, 47, e Memet Eysa, 60 – e i membri delle loro famiglie.
Ekber, direttore della scuola media di Terek (vicino al luogo del blitz della polizia) dice che l’istituto è rimasto chiuso per tutto il tempo della caccia all’uomo. Solo oggi, dice, “ho ricevuto una telefonata dal dipartimento dell’educazione di Bay e mi hanno detto che la guerra è finita con una grande vittoria, che tutti i terroristi sono morti e che possiamo tornare a scuola”. “Dalle liste dei sospettati – spiega Ekber – abbiamo scoperto che i 17 sospettati includevano anche quattro donne e tre bambini, una delle quali, Munire, di nove anni, era una nostra studentessa al secondo anno”. Nella lista dei sospettati pubblicata dalle autorità ad ottobre, invece, non figuravano né donne né bambini.
Il raid della polizia arriva a pochi giorni dalle dichiarazioni di Pechino – seguenti gli attentati di Parigi – circa la necessità di intensificare la lotta al terrorismo islamico uighuro, guidato “dal Movimento islamico del Turkestan orientale [Etim ndt], organizzazione legata ad al Qaeda”.
Il governo centrale cinese ha chiarito in più occasioni di voler sconfiggere “a ogni costo” i “tre mali” che affliggono il Xinjiang: terrorismo, separatismo ed estremismo religioso. Tuttavia, esperti internazionali ritengono che Pechino abbia esagerato in maniera voluta la minaccia separatista, e ritengono che dietro l’aumento di violenza vi siano proprio le politiche nazionali “troppo pesanti e troppo ingiuste”.