Wei Jingsheng: Solo la democrazia in Cina può chiudere la guerra dello yuan
di Wei Jingsheng
Più che socialista, la Cina ricorda il passato feudale della servitù della gleba. La Cina non è mai stata socialista: sono gli Stati democratici ad esserlo, perché si prendono cura dei loro popoli e non danno tutto il potere a un manipolo di capitalisti come sta facendo Pechino. Ma questa strada porta a guerre, povertà e rivolte: dobbiamo invertire il corso sbagliato dello sviluppo economico della Cina.
Washington (AsiaNews) – Abbiamo parlato della bilancia commerciale fra Stati Uniti e Cina. Questa non danneggia soltanto gli interessi degli Stati Uniti, causando la crisi economica degli ultimi anni; infatti, ha colpito pesantemente anche gli interessi della classe lavoratrice cinese, limitando allo stesso tempo lo sviluppo del mercato del Paese. Ha limitato lo stesso sviluppo economico cinese, lasciando l’economia di Pechino in uno stato deformato e irragionevole.
Da una parte, il processo di capacità industriale cinese eccede di molto il bisogno del sottosviluppato mercato interno. Le vendite del settore industriale cinese devono quindi confidare nel mercato statunitense e, a questo punto, anche la crescita economica deve fare la stessa cosa. Dall’altra parte, il governo cinese e la grande industria di Cina e Stati Uniti controllano il mercato internazionale. Per mantenere vivo il disavanzo di mercato fra le due nazioni e mantenere basso il costo del lavoro, la Cina non può impegnarsi per un bilanciamento del mercato; e questo ha provocato l’enorme deficit commerciale degli Usa, cresciuto di anno in anno, e la crisi economica.
Alcuni diranno: “Questo fenomeno è inevitabile. In passato, il Giappone e altre nazioni hanno intrapreso la stessa strada per svilupparsi”. La metà di questa affermazione è giusta: i giapponesi hanno intrapreso questa strategia di sviluppo nel passato, riuscendo ad accumulare un gran numero di capitali per i consorzi finanziari nazionali. Tuttavia, proprio come gli americani non potevano tollerare la razzia del proprio mercato da parte del Giappone, la società giapponese non poteva tollerare che il benessere e il potere si accentrasse in poche mani, mentre la popolazione rimaneva povera. Dagli anni Settanta, i giapponesi hanno iniziato a cambiare gradualmente la loro strategia di sviluppo espandendo il mercato interno e camminando su un sentiero normale di sviluppo bilanciato.
Oggi Giappone e Germania sono ancora nazioni con surplus di commercio estero, ma paragonati al volume commerciale generale questi surplus non sono così alti. E poi gli stipendi della loro popolazione sono normali, comparati a nazioni come gli Stati Uniti e altri Stati europei. Questa valutazione mostra che i surplus sono imputabili all’avanzamento tecnologico e manageriale: surplus normali e legittimi. Questo sviluppo è sostenibile. In altre parole, lo sviluppo economico porta al benessere della popolazione, non soltanto al benessere di un piccolo numero di capitalisti. Tecnicamente, i modelli giapponesi ed europei non dovrebbero essere chiamati capitalismo; i loro sono sistemi realmente socialisti. Gli americani non vogliono adottare queste definizione soltanto per la cattiva reputazione che l’ex Unione Sovietica e il Partito comunista cinese hanno affibbiato alla parola socialismo.
Al contrario, Cina e Russia si dichiarano socialiste al punto che puoi essere messo a morte se sei contrario al socialismo; eppure i sistemi comunisti non sono mai stati socialisti. La prima impostazione del sistema dei soviet era un miscuglio fra capitalismo di stato e feudale servitù della gleba. Lo Stato si prendeva tutta la produzione dei capitali. E dato che le attività produttive avevano il compito principale di far crescere il capitale nazionale, questo sistema avrebbe dovuto chiamarsi capitalismo di Stato. La loro gestione della popolazione era una servitù della gleba di tipo feudale a livello nazionale. I cittadini erano soltanto servi del Partito, a tutti i livelli. Il loro diritto al consumo era distribuito dai proprietari dei servi, senza libertà personale o diritti economici e politici. Se un sistema del genere viene chiamato socialismo, secondo me avrebbe bisogno almeno dell’aggettivo feudale. In fondo, è l’ultimo livello di sviluppo della servitù della gleba.
Dopo la completa caduta del socialismo feudale in Cina, un gruppo di comunisti rappresentato da Deng Xiaoping decise di riformare e aprire la nazione allo sviluppo economico. Altrimenti, essendo sin dai tempi antichi una società con un’economia basata sulle merci, la Cina poteva divenire la prima nazione a rigettare il socialismo feudale. Questo perché nella cultura tradizionale cinese è difficile trasformare uomini liberi in servi, come è difficile stabilire un socialismo feudale basato sulla struttura europea della servitù della gleba. Di conseguenza, la scelta di intraprendere la strada del capitalismo adottata da Deng Xiaoping è stata accolta da tutta la nazione con unanime sostegno. La gente pensava che Deng e il Partito avrebbero seguito il sistema tradizionale, oppure avrebbero adottato il più avanzato e moderno sistema occidentale. Lo slogan per catturare il sostegno popolare da parte di Deng era “modernizzazione”.
In ogni caso Deng stava realmente prendendo la strada del capitalismo o, per essere esatti, la forma primitiva di quel capitalismo puro che si era già dimostrato un fallimento. Il suo obiettivo di sviluppo mette al primo posto l’accumulo del capitale: lo scopo finale di tutto il processo è quello. Ridurre in maniera forzata il valore della moneta interna; abbassare in questo modo il prezzo del lavoro; usare il prezzo normale del mercato internazionale per ottenere enormi profitti sono le pratiche divenute la politica nazionale più importante sotto Deng. Questa politica è “l’ultima parola”: chi vi si oppone viene sepolto, fosse anche il Segretario generale del Partito comunista.
Questa politica nazionale di capitalismo puro non si può raggiungere in un sistema democratico. Le condizioni necessarie per metterla in atto includono la soppressione di ogni forma di opposizione da parte dei lavoratori, controllando nel contempo la finanza mondiale con l’imposizione di un sistema ingiusto di prezzi. Queste condizioni sono difficilmente raggiungibili in democrazia. Questo capitalismo puro del Partito comunista è il più amato dai capitalisti di tutto il mondo. Soltanto ora, questi ultimi hanno scoperto che i comunisti cinesi sono più inclini al capitalismo di quanto lo fossero i nazisti o i monarchi feudali. Il Partito comunista è il loro alleato naturale. È per questo che il Partito ha pubblicato la sua teoria delle Tre Rappresentanze (fra queste, i capitalisti). Devono pubblicamente dichiararsi rappresentanti degli interessi dei capitalisti, oppure potrebbero perdere la loro base sociale principale. A parte i capitalisti e chi ha l’acqua al posto del cervello, chi altro sosterrebbe un regime come questo?
Eppure questa strada di capitalismo puro ha dimostrato, più di duecento anni fa, di essere un vicolo cieco. Le politiche democratiche e la teoria socialista sono state costruite proprio dopo questo fallimento. Il capitalismo puro si prende cura solo delle minoranze, invece che delle maggioranze. Migliorando la situazione di una piccola porzione di persone, produce povertà per la maggioranza del Paese. Un capitalismo di questo tipo fa raggiungere la velocità massima allo sviluppo economico, ma aumenta a dismisura il dislivello fra ricchi e poveri che rende la capacità produttiva molto maggiore del consumo sociale. Il bilanciamento di produzione e consumo è la ragione alla base della crisi economica e delle guerre contro nazioni straniere. Ma è anche il motivo per la rivoluzione interna.
Per sopprimere la tendenza all’estremismo capitalista nell’economia di mercato, la popolazione ha inventato le politiche economiche socialiste sotto la protezione di un sistema democratico che mantiene l’equilibrio fra produzione e consumo. Questa forma di socialismo, nota anche con il nome di regolazione, è l’invenzione più moderna per evitare crisi economiche, guerre e rivoluzioni. Se la Cina vuole camminare sul sentiero dello sviluppo sostenibile, se la popolazione cinese vuole essere in grado di godere i frutti dello sviluppo economico, non dobbiamo permettere che un manipolo di capitalisti dominino il regime. Dobbiamo prendere la strada della democrazia. Una vera modernizzazione – che includa tecnologia, economia e tutte le altre modernizzazioni – pone le sue basi nella democrazia. Per secoli, l’esperienza della storia ha provato che senza un’economia democratica e lo sviluppo della democrazia non avremo una vita moderna. Al contrario, avremo disavanzo fra ricchi e poveri, rivoluzioni e guerre. In breve, la gente soffrirà invece di essere felice.
I comunisti cinesi hanno già portato questo tipo di sofferenze alle società democratiche occidentali. Il Congresso degli Stati Uniti si sta muovendo per fermare questo corso negativo. Noi cinesi dovremmo fare lo stesso per il nostro sviluppo e la nostra felicità, perché questo è un affare nostro.
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