Wei Jingsheng: L'Occidente smetta di barattare i diritti umani in Cina con il commercio
Bruxelles (AsiaNews) - La situazione dei diritti umani in Cina "peggiora sempre di più a causa anche dell'affievolimento della pressione da parte delle nazioni occidentali sul governo di Pechino" e questa situazione "porterà ben presto a un disastro ancora più ampio e non più limitato ai diritti dei singoli". E' quanto ha detto il grande dissidente cinese Wei Jingsheng nel corso della sua testimonianza davanti al Parlamento europeo sulla situazione della Cina contemporanea lo scorso 20 giugno.
Secondo Wei, vincitore del Premio Sakharov, ci sono "6 segnali che indicano come la situazione stia sfuggendo di mano. Se l'Occidente continuerà a barattare i diritti umani della Cina con dei benefici economici, arriveremo a un'epoca simile a quella della Germania nazista". Di seguito il testo completo della testimonianza (traduzione a cura di AsiaNews).
Negli ultimi tempi, e in modo particolare dall'ultimo anno, la situazione dei diritti umani in Cina è andata deteriorandosi in maniera rapida. Questo fenomeno è collegato al fatto che gli Stati Uniti e le nazioni europee hanno ridotto la loro pressione contro il governo cinese.
Il deterioramento si riflette in maniera principale nei seguenti aspetti.
Il primo è lo stretto controllo sui media. La censura sui media tradizionali è sempre esistita, ma il grado di punizione è aumentato con rapidità. Negli ultimi anni sempre più direttori e giornalisti sono stati rimossi dai loro incarichi. La pulizia e la riorganizzazione dei giornali parte persino dall'editore e dal presidente. Essa include anche una punizione per i media occidentali. Parlando degli argomenti principali, tutti gli organi di informazione cinesi devono essere d'accordo con i dettami del Dipartimento di propaganda del Partito comunista, scegliendo cosa va riportato e cosa non va riportato. Andando oltre l'intrattenimento generale, lo stato delle notizie e delle opinioni che appaiono in questi media è ritornato al livello della Rivoluzione Culturale degli anni '70.
Il secondo è la guerra di Internet. Oltre al controllo della Rete attraverso alcune parole che vengono filtrate, il governo cinese impiega centinaia di migliaia di agenti di controllo di Internet per rimuovere punti di vista non comunisti e far avanzare la propaganda del Partito, anche attraverso la diffusione di pettegolezzi. Negli ultimi mesi la censura è aumentata al punto che sono stati chiusi persino alcuni siti internet di fazioni diverse all'interno del Partito. Inoltre, il Dipartimento per la ciber-censura ha lanciato diversi attacchi telematici contro siti di opposizione e singoli utenti, arrivando ad attaccare siti di nazioni occidentali e caselle di posta private.
Il terzo è il rafforzamento della repressione dei cittadini ordinari da parte del governo cinese, che agisce con la scusa del cosiddetto "mantenimento della stabilità". Il Partito comunista ha assunto un gran numero di personaggi violenti e non professionisti per cooperare con la polizia, usando la violenza per sopprimere le proteste e soffocare le richieste di singoli cittadini o attività collettive. Ogni anno si verificano diversi milioni di casi di questo tipo, al punto che le spese per il "mantenimento della stabilità" superano quelle militari.
Il quarto è la repressione di avvocati e attivisti che operano per i diritti dei lavoratori. Spesso agli avvocati viene revocata la licenza e vengono persino sbattuti in galera, perché assumono casi che non piacciono ai funzionari. Proprio come avviene per altri attivisti, anche gli avvocati vengono messi sotto pressione non soltanto dai funzionari comunisti ma anche da scagnozzi della mafia cinese o che dicono di essere mafiosi.
Il quinto è l'operato para-mafioso delle agenzie per l'applicazione della legge in Cina. Negli ultimi due decenni, il sistema giudiziario sotto il controllo del Partito comunista ha iniziato sempre di più a usare mezzi illegali per gestire i casi. Ormai la tortura per ottenere una confessione e la fabbricazione delle prove contro gli innocenti sono divenuti un fenomeno comune. Il caso del procuratore Li Zhuang che si è svolto a Chongqing circa 3 anni fa è esemplare. Nel linguaggio comune usato dai funzionari del sistema giudiziario, viene detto "usare mezzi tecnici". In particolare quando devono trattare casi politici, usare i sistemi della mafia è divenuta pratica corrente per questi funzionari. La morte recente e sospetta di Li Wangyang è un'altra dimostrazione di questo stile mafioso così frequente nel sistema giudiziario.
Il sesto è la legalizzazione di sistemi illegali. Per migliorare l'efficienza della repressione e il mantenimento della stabilità, sono state rese legali molte attività che non lo erano. Prendiamo ad esempio il caso che ho citato durante la mia testimonianza davanti al Congresso americano, avvenuta il 15 maggio 2012. Nel 1994, la detenzione illegale poteva essere approvata soltanto all'interno dei dipartimenti di polizia, e non era riconosciuta dai procuratori e dai giudici della Cina. Ma questo tipo di detenzione illegale si è estesa in maniera graduale a tutto il Paese nel corso dell'ultimo decennio o poco più. Da poco il Congresso nazionale del Popolo, nel suo nuovo Codice di procedura penale, ha riconosciuto come legittima questa forma di detenzione illegale. Questa dichiarata legittimità indica che i metodi mafiosi e quelli fascisti vengono pian piano legalizzati.
In conclusione, il deterioramento di questi 6 aspetti dimostra che la situazione dei diritti umani in Cina ha raggiunto uno stadio critico. La "mafiosità" del sistema giudiziario sta preparando l'entrata dell'intera società cinese in un'era simile alla Germania nazista o alla Rivoluzione Culturale. Le politiche miopi delle nazioni democratiche occidentali, così come la politica di usare i diritti umani di un altro popolo per ottenere benefici economici porterà - come la storia ha già dimostrato - a un disastro ancora più ampio di quello della situazione dei diritti umani.