Washington: i dazi a Pechino non si toccano (come la linea anti-cinese di Trump)
I cinesi non hanno rispettato la “fase uno” dell’accordo commerciale. Gli Usa si aspettano la crescita di acquisti agricoli dalla Cina. Biden e il Congresso pressano Xi Jinping sui diritti umani. Rimane la lista nera delle compagnie hi-tech cinesi. Navi da guerra Usa intensificano presenza nel Mar Cinese meridionale. Blinken al lavoro per riparare le alleanze e coinvolgere l’Europa.
Pechino (AsiaNews) – I dazi Usa sull’export cinese non si toccano, almeno fino al termine di un esame dei suoi effetti. Lo ha dichiarato ieri Janet Yellen, nuovo segretario del Tesoro, confermando le previsioni che la linea dura voluta dall’ex presidente Donald Trump sarà mantenuta dal suo successore Joe Biden. Una posizione che riduce le speranze cinesi di aprire un nuovo capitolo nelle relazioni con Washington dopo quattro anni di tensioni.
Per trovare una soluzione alla guerra commerciale scatenata da Trump, nel gennaio 2019 le due parti hanno firmato un accordo preliminare (la cosiddetta “fase uno”) con il quale la Cina si è impegnata ad acquistare circa 184 miliardi di euro in beni e servizi dagli Stati Uniti entro la fine del 2021. L’obiettivo non è stato raggiunto; Pechino ne ha importati il 42% in meno. Essa si è giustificata sostenendo che i mancati acquisti sono dovuti agli effetti della pandemia da coronavirus.
Yellen non ha escluso che Pechino possa rispettare gli impegni assunti con l’amministrazione Trump. Per quest’anno, ad esempio, Washington si aspetta una crescita esponenziale del proprio export agricolo verso la Cina, raggiungendo la cifra record di 31,5 miliardi di dollari.
Ma tutto ciò sembra ancora troppo poco per attenuare il conflitto geopolitico tra le due potenze. Dal suo insediamento, Biden ha ribadito più volte che la Cina “pagherà un prezzo” per suoi ripetuti abusi dei diritti umani. Il 10 febbraio, nel primo contatto con la controparte cinese, il leader democratico ha contestato a Xi Jinping la repressione dei musulmani uiguri nello Xinjiang, la soppressione delle libertà democratiche a Hong Kong e le azioni aggressive di Pechino nei confronti di Taiwan.
Sul fronte diritti umani, Biden è pressato sia dai repubblicani sia dai democratici, i quali condividono in larga parte l’idea che per trattare con Pechino serve un approccio “trumpiano”. Il Congresso Usa si appresta ad approvare una legge che proibisca le importazioni di beni prodotti nello Xinjiang. Esse saranno autorizzate solo se vi sono “prove convincenti” che le imprese locali non sfruttano il lavoro forzato nella produzione.
Insieme ai dazi, Biden ha tenuto in piedi un altro pilastro della politica anti-Pechino di Trump: la lista nera delle aziende hi-tech cinesi sospettate di avere legami con l’esercito del proprio Paese. Fra esse compaiono i giganti Huawei, Xiaomi e Aviation Industry Corporation of China. Ely Ratner, capo della nuova task force del Pentagono sulla Cina, ha precisato ieri che la competizione tecnologica con il gigante asiatico è una grande priorità della presidenza Biden.
Nel frattempo, navi statunitensi continuano a operare nel Mar Cinese meridionale, dove Pechino ha occupato e militarizzato atolli e banchi coralliferi rivendicati – con il sostegno Usa – da altri Paesi della regione. Il 16 febbraio il cacciatorpediniere USS Russell ha navigato entro le 12 miglia nautiche delle isole Spratly; l’8 febbraio la USS John S. McCain ha fatto lo stesso nei pressi delle Paracel. La scorsa settimana, due portaerei Usa (Theodore Roosevelt e Nimitz) hanno condotto una rara esercitazione congiunta nell’area.
Per contrastare l’avanzata militare cinese in Asia orientale, il nuovo segretario di Stato Usa Antony Blinken è impegnato a rinsaldare i legami con alleati e partner regionali: al momento questo è l’unico aspetto che differenzia la condotta diplomatica di Biden da quella di Trump, poco incline a servirsi del collaudato sistema di alleanze di Washington. Ieri Blinken ha avuto un incontro virtuale con i suoi omologhi di Giappone, Australia e India. L’intento è di rafforzare il Quad (Quadrilateral Security Dialogue), che la Cina vede come l’embrione di una Nato dell’Indo-Pacifico.
Blinken ha avuto anche un colloquio a tre con i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Gran Bretagna. Essi hanno convenuto sulla necessità di coordinare le azioni per fronteggiare le sfide poste dalla Cina: segno che Biden vuole allargare il più possibile il fronte di opposizione a Pechino e scongiurare la possibilità che i cinesi facciano leva sugli europei per ottenere concessioni da Washington.
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