23/10/2015, 00.00
CINA
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Wang Qishan: Per combattere la corruzione ritorniamo a Confucio

di Wang Zhicheng
Il capo della Commissione anti-corruzione loda le virtù tradizionali della cultura cinese antica. Le nuove regole del Partito si ispirano ad esse. Correggere la crisi di ideali per non far cadere il Partito e fargli perdere la possibilità di governare. Confucio apprezzato e disprezzato.

Pechino (AsiaNews)  - La campagna anti-corruzione lanciata da oltre due anni dal presidente Xi Jinping per ripulire il Partito comunista dalle malvagità ha un nuovo alleato: le virtù tradizionali di Confucio, in passato tanto bistrattato dalla Rivoluzione culturale.

In un articolo pubblicato sul Quotidiano del popolo, organo ufficiale del Partito comunista cinese (Pcc) ,  il capo della Commissione anti-corruzione, Wang Qishan, ha detto che i membri del Partito devono imparare dalle virtù tradizionali che hanno caratterizzato per molti secoli la cultura cinese. Egli ricorda anche il presidente Xi, che in molti discorsi “ha citato un gran numero di testi antichi e parole dai classici, sottolineando e apprezzando la bellezza della cultura cinese tradizionale”.

L’editoriale di Wang tende a mostrare che la campagna anti-corruzione, che sta creando tanti nemici a Xi Jinping, ha la stessa radice delle grandi virtù del passato. Nella cultura tradizionale – egli aggiunge – moralità e legge sono unite e le regole sono osservate come dei riti.

Wang non cita Confucio in modo esplicito, ma è chiaro che “i valori tradizionali”, la moralità e il rito sono tutte le virtù che Confucio decanta per una società armoniosa: umanità, giustizia (o rettitudine), ritualità, conoscenza, integrità, accompagnati dalla lealtà e dalla sobrietà.

E a proposito della sobrietà e della integrità, proprio ieri il Pcc ha varato le nuove regole disciplinari che proibiscono gli sprechi dei banchetti e dei giochi da golf, gli adulteri, lo sparlare dei membri e delle politiche del Partito, ecc…

Che questa lotta alla corruzione sia poco efficace è dimostrato da alcune dichiarazioni di un membro del Partito del Zhejiang ad AsiaNews, che afferma che “i banchetti si continuano a fare, ma di nascosto; le bustarelle si continuano a pagare, ma con conti all’estero o con buoni di credito presso rivenditori di auto di lusso, elettronica, e perfino supermercati”.

Xi Jinping e Wang Qishan hanno spesso sottolineato che la lotta alla corruzione è l’unico modo per ridare credibilità al Partito e che se essa fallisce il Partito “rischia di cadere” e di perdere “le basi per governare”.

Per diversi analisti, la crisi ideale del Partito è in realtà una crisi più vasta della società cinese ed è una crisi di tipo religioso. Forse è per questo che il Partito di rivolge a Confucio e alla tradizione antica, dopo averla combattuta per decenni. Da Mao Zedong in poi, infatti, e soprattutto durante la Rivoluzione culturale, i templi dedicati a Confucio e i confuciani sono stati semidistrutti e condannati come “strumento dello schiavismo”. Ancora oggi vi è un forte dibattito all’interno del Partito sul valore di Confucio. Nel 2011, un’alta statua di Confucio è stata posta davanti al Museo nazionale di storia in piazza Tiananmen (v. foto), nel cuore di Pechino. Ma dopo pochi mesi la statua è scomparsa senza che nessuno spiegasse i motivi.

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