Vicario d’Arabia: una ‘festa’ l’inaugurazione della nuova chiesa in Oman, terra da scoprire
L’apertura della parrocchia di san Francesco Saverio a Salalah un “evento straordinario” in un clima di “grande serenità”. Fra le sfide di una comunità di migranti la perdita del lavoro e le prospettive per i giovani. La fede “unica stabilità, unita all’entusiasmo della gente”. Mascate mantiene una posizione di apertura e questo permette di negoziare all’interno dei conflitti.
Abu Dhabi (AsiaNews) - Per i cattolici dell’Oman l’apertura della nuova chiesa a Salalah, un centro “1000 km a sud della capitale Mascate” è stata “un evento straordinario” in un contesto di “grande festa per una intera comunità”. Lo racconta ad AsiaNews mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen), da poco rientrato negli Emirati dal viaggio nel vicino Oman per l’inaugurazione della parrocchia di san Francesco Saverio. “Per i fedeli della zona - sottolinea il prelato - non capita spesso di vedere riuniti tre vescovi e un gruppo nutrito di sacerdoti e suore”.
“La sera del 7 settembre - prosegue - si sono svolti i festeggiamenti con i rappresentanti del governo e del ministero degli Affari religiosi. Il giorno successivo la dedica della chiesa e la celebrazione. Per i cattolici locali non era scontata la presenza, perché per loro era un giorno lavorativo. Le celebrazioni sono iniziate alle 7 di sera e molti sono rimasti oltre le 10, per poi compiere un lungo cammino per tornare a casa. Ma hanno fatto di tutto per essere presenti e la loro serenità ha dato vita a un clima straordinario”.
ll luogo di culto, costruito in poco meno di un anno e mezzo su un terreno concesso dal sultano, dispone di 600 posti a sedere, una balconata con vista sull’altare e una sala polifunzionale, che porta la capienza complessiva a circa un migliaio di posti. “La comunità cattolica dell’Oman - racconta mons. Hinder - sta bene, è viva. Abbiamo quattro parrocchie, due nella capitale che stanno fiorendo e le altre due, una al nord e l’altra a Salalah, nel sud”.
I problemi? La “perdita del lavoro” racconta il vicario “e per questo non pochi devono tornare nel proprio Paese. Da qui il leggero calo nel numero dei cattolici, ma che finora non ha raggiunto livelli drammatici. Tuttavia, sul futuro non si possono fare previsioni a causa della crisi economica e dei suoi possibili sviluppi”.
La sfida, prosegue mons. Hinder, è “dare la forza ai fedeli di vivere questa situazione di insicurezza una certa serenità. Poi rimane la preoccupazione per i giovani, perché non ci sono scuole cattoliche e non è facile mantenerli in contatto fra loro. Molti dopo la laurea tornano nei Paesi di origine. La realtà resta molto fluida, come negli altri Paesi anche in Oman siamo di fronte a una Chiesa di migranti, che manca di stabilità. Anzi, la fede è la nostra unica stabilità, unita all’entusiasmo di questa gente che mi ha stupito e riempito di gioia”.
Per garantire maggiore stabilità sarebbe importante costruire altri luoghi di culto, di cui vi è grande bisogno ma al momento non vi sono nuovi progetti in tal senso. Le relazioni con i vertici istituzionali e religiosi (musulmani) restano buoni e “proprio ieri - racconta il vicario - ho incontrato il ministro per gli Affari religiosi per discutere alcuni temi di interesse comune”. “I rapporti sono buoni - conferma il prelato - anche se non vi sono ancora relazioni ufficiali fra Santa Sede e Sultanato dell’Oman. Ma stiamo lavorando in questa direzione”.
Artefice di quella che le ricerche definiscono la società più “felice” della regione il sultano Qaboos bin Said Al Said che però, anziano e malato, si trova a dover affrontare il passaggio di poteri con l’obiettivo di salvaguardare i principi cardine. La leadership cerca di mantenere una certa neutralità di fronte alle crisi regionali e mondiali, grazie anche alla natura specifica dell’islam professato nei suoi confini. Si cerca di mantenere buone relazioni con l’Iran, senza scontentare i sauditi. Un cammino che è valso la definizione di “Svizzera del Medio oriente”.
L’Oman, ricorda mons. Hinder, “conserva una posizione di apertura verso tutti e questo gli permette di poter negoziare all’interno dei conflitti”. Del resto il ruolo del sultano è stato fondamentale anche nella liberazione di p. Tom, il salesiano indiano rapito in Yemen nel recente passato. “La popolazione è molto piacevole - conclude il prelato - non esclude la presenza straniera e io stesso non ho mai incontrato difficoltà nei rapporti. Anche a livello turistico è una nazione interessante e da scoprire, anche e soprattutto in questo periodo in cui lo Yemen è chiuso [a causa della guerra] e non è possibile entrare”.
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