10/12/2016, 09.11
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Vicario apostolico d’Arabia: il Giubileo della misericordia ha riavvicinato le persone alla fede

Mons. Hinder parla dell’anno santo come occasione di “riconciliazione e perdono”. In un clima di guerre e violenze “perdonare diventa sempre più importante”. Un gesto che deve abbracciare anche quanti “negano diritti e infliggono sofferenze”. Migliaia di fedeli alle messe dell’Avvento. L’immigrazione “contamina” la vita stessa della Chiesa.

Abu Dhabi (AsiaNews) - L’Anno della misericordia “ha riavvicinato molte persone alla fede” ed è stata un’occasione di “riconciliazione e perdono” per quanti avevano “smarrito la strada verso Cristo”. Il Giubileo ha dato “frutti” che si rivelano in tutta la loro portata “oggi e nel futuro”. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen), in queste settimane di Avvento che preparano alla festa del Natale. “Come ricorda l’ultima lettera pastorale - sottolinea il prelato - la misericordia deve continuare a dare frutti nel futuro e questo ritorno alla fede ne è forse l’esempio più fecondo”.

“Sono persone - racconta il vicario - che si erano allontanate dalla fede anche per esperienze negative, per abusi o violenze, o per circostanze sociali o problemi personali come la droga. Qui, in terra di missione ed emigrazione, riscoprono la presenza della Chiesa, l’invito alla riconciliazione, il contatto con gli altri”. In un clima regionale e globale di guerre e violenze “perdonare diventa sempre più importante”, abbracciando anche “quanti negano diritti e infliggono ferite e sofferenze”.

Vi è poi una riconciliazione che deve avvenire “all’interno delle comunità cristiane”. “Ogni giorno - prosegue - faccio esperienza di persone che si arrabbiano per cose di poco conto, a fronte di drammi molto più grandi. Da qui l’invito a riflettere e pensare nel profondo, vivendo il cammino di riavvicinamento con piccoli gesti nel quotidiano”.

Mons. Paul Hinder, 74enne vicario apostolico per l’Arabia meridionale (Emirati, Oman, Yemen), è un vescovo francescano ordinato sacerdote il 4 luglio 1967. Il 20 dicembre del 2003 è stato nominato vescovo ausiliare dell’Arabia e consacrato il 30 gennaio 2004; il 21 marzo 2005 è succeduto a mons. Bernardo Gremoli. È membro del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e della Conferenza dei vescovi latini del Medio oriente.

Nella regione dell'Arabia meridionale vivono circa un milione di fedeli, tutti di nazionalità straniera. La comunità più importante è quella filippina, seguita dai cattolici indiani, provenienti soprattutto dal Kerala. Il resto della Chiesa è composto da libanesi, siriani, iracheni, egiziani e giordani giunti nella regione per motivi di lavoro.

Grazie alla libertà di culto concessa dalle monarchie del Golfo Persico, la vita della Chiesa è molto attiva ed è organizzata intorno a sette parrocchie negli Emirati Arabi Uniti, quattro parrocchie in Oman con circa 18mila fedeli e una piccola comunità in Yemen, vittime di violenze. Sul territorio vi sono 55 sacerdoti che lavorano nelle chiese e nelle scuole cattoliche dedicate ai migranti.

In queste settimane di Avvento la Chiesa locale ha promosso incontri, giornate di preghiera e ritiri spirituali. Dal congresso regionale in programma oggi che riunisce tutte le infermiere e gli infermieri cattolici, alle giornate dedicata ai giovani “sono molte le attività in preparazione al Natale che animano la comunità cattolica del Vicariato”.

Alle attività ecclesiali, si uniscono le diverse tradizioni che ciascuna comunità trasferisce nella terra di immigrazione e che finisce per contaminare la vita stessa della Chiesa. “Da noi - racconta mons. Hinder - prende sempre più piede la tradizione filippina delle messe della Novena, che sono molto partecipate e riuniscono moltissimi fedeli”. In questi giorni a Dubai la celebrazione delle 8.30 di sera “richiama fino a 10mila persone, altri 5/6mila si riuniscono ad Abu Dhabi. Una testimonianza enorme”.

Analoga partecipazione per il rito della confessione, “un ministero molto importante in questa terra e per la nostra Chiesa”. Sono “migliaia” le persone che rispondono all’appello della confessione o che aderiscono agli incontri, a conferma di “un popolo che si muove e che, con l’avvicinarsi della festa, lo fa con sempre maggiore determinazione e raccoglimento”.

Essere una realtà di immigrazione, sottolinea mons. Hinder, “stimola a tornare alle radici della fede, alla vita in comunità per vincere l’isolamento e il senso di abbandono. Ecco perché anche le messe, come quelle dei filippini, sono partecipate a livello di massa. Il nostro compito è fornire loro una motivazione profonda che rafforzi la loro fede, il desiderio di viverla e condividerla”.
 

 

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