Vicario apostolico d’Arabia: Fra il papa e il re saudita, affinità e convergenze
Abu Dhabi (AsiaNews) – La visita in Vaticano del re saudita Abdallah è “un segno positivo”. Essa ha messo in luce alcune “affinità” fra islam e cristianesimo sul tema della famiglia e una “convergenza” fra Vaticano e Arabia saudita sulla pista da percorrere per la pace fra Israele e Palestina. Lo afferma mons. Paul Hinder, dal 2005 vicario apostolico di Arabia. Mons. Hinder, francescano svizzero di 65 anni, vive ad Abu Dhabi, negli Emirati arabi uniti. Da lì viaggia di continuo a visitare le comunità cristiane della penisola arabica, costituite per la maggior parte da lavoratori emigranti.
Il vicario apostolico sottolinea che la libertà religiosa in Arabia saudita è tuttora un problema, anche se in questi anni sono diminuiti gli arresti dei cristiani e il re ha ridotto il potere della muttawa (polizia religiosa).
Ecco l’intervista che mons. Paul Hinder ha rilasciato ad AsiaNews:
Qual è la sua impressione sull’incontro in Vaticano fra Benedetto XVI e il re Abdallah?
La visita in sé mi pare un segno positivo. Sui contenuti della loro conversazione, io ho visto solo il comunicato ufficiale del Vaticano: hanno affrontato il tema della pace nel Vicino Oriente, come anche il dialogo interculturale e interreligioso, soprattutto sulle questioni della famiglia. Su questo punto vi sono infatti affinità fra islam e cristianesimo e la Lettera aperta dei 138 saggi ai capi cristiani è un altro segno.
Penso che l’incontro sia stato anche una buona occasione per parlare di libertà religiosa per i cristiani in Arabia saudita. Nel comunicato questo tema non è menzionato in modo esplicito, ma si parla della “presenza positiva e operosa dei cristiani”. Penso che in questo contesto il papa abbia potuto parlare anche della libertà religiosa in Arabia saudita.
Da quando Abdallah è re, c’è un miglioramento per i cristiani in Arabia Saudita?
In modo indiretto sì. In questi ultimi due anni vi è stato un minor numero di arresti. Devo dire che per noi cattolici vi sono meno problemi perché abbiamo sempre cercato di tenere un profilo basso. Per i protestanti e gli evangelici invece vi sono stati molti arresti, anche a causa del loro forte attivismo.
C’è anche l’altro aspetto: alcune leggi varate limitano il potere dei muttawa, la polizia religiosa. Ora non possono più arrestare loro direttamente, ma devono passare attraverso la polizia regolare, che rispetta di più la legge. La muttawa non ha più potere assoluto, come prima.
Ma almeno in privato potete avere messe, catechesi, ecc.?
La posizione del re è che “in privato” è possibile manifestare la propria fede e fare delle celebrazioni, ma solo se “non disturbano gli altri”. Il punto è che le regole non definiscono cosa significhi “in privato” e questo apre lo spazio a soprusi e limitazioni. Forse vi è da dire che il re è più aperto della classe religiosa presente in Arabia saudita.
Molti paesi della penisola arabica hanno chiesto in questi anni il rapporto col Vaticano…
Nella penisola arabica solo l’Arabia saudita e Oman non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. Per l’Oman vi è già l’impegno a stabilire le relazioni, il lavoro è molto avanti, un po’ frenato da questioni protocollari. Per l’Arabia saudita va detto che forse è un passo troppo grande per loro. Non escludo però che la visita del re Abdallah al papa possa aprire un rapporto in qualche modo, attendendo i pieni rapporti diplomatici.
E sulla pace in Medio Oriente?
Il re e il papa hanno parlato di una “giusta soluzione ” del problema israele-palestinese. Questo conflitto interessa entrambi. L’Arabia saudita gioca un ruolo importante in tutto il processo e la Santa Sede può giocare anch’essa un ruolo importante. In certo qual modo vi è pure una convergenza fra le due visioni. Entrambi, Vaticano e Arabia saudita, pensano che la strada sia quella dei “due popoli, due stati”, per Israele e la Palestina.