14/01/2025, 12.00
BANGLADESH
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Via la parola 'adivasi' dai libri di scuola: proteste dei tribali a Dhaka

di Sumon Corraya

Su pressione di un gruppo islamista la commissione nazionale sui libri di testo ha rimosso un'immagine che richiamando i gruppi indigeni simboleggiava l'unità e la diversità del Paese. L'accusa: "Evoca idee separatiste". I gruppi tribali: "Va contro la promessa di Yunus di costruire un Bangladesh non settario e inclusivo".

Dhaka (AsiaNews) - Il Consiglio degli studenti della collina di Chattogram (PCP) e la Federazione delle donne della collina stanno protestando con forza contro la rimozione del termine adivasi (indigeno) dai libri di testo di grammatica e composizione bengalese della nona e decima classe. Hanno chiesto che la storia e l'identità delle popolazioni indigene del Bangladesh siano riportate nel materiale didattico.

La controversia è nata intorno a un’immagine sulla quarta di copertina di alcuni libri di testo che raffigurava la parola adivasi insieme a termini musulmano, indù, cristiano e buddhista su cinque foglie di un albero, accompagnate dalla scritta “È vietato strappare le foglie”. L'opera simboleggiava l'unità e la diversità del Paese ma è stata rimossa dalla versione online il 12 gennaio in seguito a una protesta dei membri del gruppo Studenti per la sovranità, un gruppo di studenti islamisti. Il gruppo aveva circondato l'ufficio del National Curriculum and Textbook Board (NCTB), chiedendo la rimozione della parola adivasi.

Ziaul Haque Zia, coordinatore di Studenti per la sovranità, ha difeso l’iniziativa sostenendo che il riconoscimento di piccoli gruppi etnici come adivasi faccia parte di un più ampio programma separatista. “Solo i separatisti e i loro alleati dentro e fuori il Bangladesh propagandano questa richiesta - accusa Zia -. Il loro obiettivo è quello di considerare i piccoli gruppi etnici come indigeni per giustificare la formazione di uno Stato separato, il Jummaland, staccando i Chittagong Hill Tracts (CHT) dal Bangladesh”, ha affermato Zia chiedendo al governo di “formare una commissione d'inchiesta per identificare questi individui, rimuoverli dalle loro posizioni e ritenerli responsabili”.

Contro queste tesi si è espresso il National Indigenous Peoples' Council Greater Dhaka Committee che ha chiesto il ripristino del termine adivasi nei libri di testo. L'organizzazione ha sottolineato che le popolazioni indigene del Bangladesh provengono da comunità cristiane, indù e buddhiste e rappresentano la diversità del Paese. Il segretario generale Bibhuti Bhushan Mahato ha ricordato che il consigliere capo del governo ad interim Muhammad Yunus si era precedentemente riferito a queste comunità come adivasi, facendo sperare in un riconoscimento. La rimozione del termine dai libri di testo, dunque, non solo manca di rispetto alle popolazioni indigene, ma mina anche la visione di Yunus.

Anvesh Chakma, del Consiglio degli studenti della collina di Chattogram (PCP), ha accusato alcuni gruppi di essere impegnati in una campagna per cancellare l'identità di oltre 50 comunità indigene in Bangladesh. “Il partito al governo ha promesso di costruire un Bangladesh non discriminatorio, non settario e inclusivo. Tuttavia, le sue azioni non riflettono questi impegni, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo e il riconoscimento delle popolazioni indigene”, si legge nella dichiarazione.

Secondo Chakma negare l'identità delle popolazioni indigene contraddice lo spirito della rivolta di luglio e mina la visione di un Bangladesh multietnico, non discriminatorio e democratico. La dichiarazione chiede di ripristinare nei libri di testo i graffiti con la parola Adivasi, di evidenziare la vera storia e identità dei popoli indigeni e di concedere loro il riconoscimento costituzionale.

Anche all'Università di Dhaka manifestanti hanno usato l'arte di strada per esprimere il loro dissenso: sono apparsi murales e graffiti a favore dell'identità indigena sui muri e sulle strade vicino al Central Shaheed Minar, alla Jagannath Hall e alla Rokeya Hall di Dhaka. Rupaiya Shrestha Tanchangya, membro del comitato esecutivo del Movimento studentesco contro la discriminazione, ha dichiarato: “Gruppi estremisti stanno diffondendo una falsa propaganda sui popoli indigeni. Questo atto non è solo la rimozione di un termine, ma un attacco alla rappresentazione dei popoli indigeni nella storia della nostra nazione”.

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