19/05/2006, 00.00
IRAQ
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Vescovo iracheno: nuovo governo e forze straniere per "disciplinare" l'Iraq

Mons. Rabban Al-Qas da Ahmadiyah, nel nord, spiega l'importanza della presenza di truppe straniere: argine alle violenze settarie, controllo delle frontiere e mantenimento di ciò che si è già costruito. Domani, voto di fiducia per il premier incaricato al Maliki.

Amadiyah (AsiaNews) - C'è bisogno delle forze straniere in Iraq, a Baghdad e nel sud. Ne è convinto il vescovo caldeo di Amadiyah e di Erbil, mons. Rabban Al Qas, secondo il quale la presenza dei militari stranieri "è necessaria non solo per arginare le violenze di stampo religioso, istigate dall'esterno, ma soprattutto per il mantenimento di ciò che si è già lentamente costruito".

Un errore la guerra? Il presule ritiene che oggi l'Iraq sarebbe stato "molto peggio senza l'intervento degli Usa". "I militari italiani e statunitensi come tutti quelli impegnati nel Paese - spiega - sono importanti anche per il controllo delle frontiere, in particolare con l'Iran e la Turchia, da dove arrivano armi e miliziani".

"Sui media internazionali – dice – si vedono solo bombe ed esplosioni, che purtroppo sono una realtà, ma non l'unica: c'è anche chi lentamente costruisce e aspetta con fiducia il più grande passo: la formazione del nuovo governo". Per il vescovo "solo un nuovo governo, inizialmente sostenuto da una grande forza, sarà in grado di disciplinare l'Iraq". "Per il momento aspettiamo".

E i tempi ormai stringono. Domani il primo ministro incaricato, lo sciita Nuri Al Maliki, presenterà in parlamento il suo governo, per il voto sulla fiducia. I nomi dei ministri - su cui le componenti sciita, sunnita e curda del parlamento di Baghdad discutono dall'inizio della legislatura - sembrano decisi. Secondo alcune indiscrezioni sarebbero stati assegnati anche i due dicasteri più contesi: Interni e Difesa. Il primo dovrebbe andare ad un generale sciita, Naser Dahham Al Amery. La Difesa, invece, a un sunnita, a sua volta generale, Baraa al Rubey. Tuttavia fonti della coalizione curda, ritengono che vi è "accordo sulla maggior parte dei ministeri, ma su alcuni vi sono ancora delle divergenze".

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