Vescovo indonesiano: prematuro parlare di “casa comune” per cristiani e musulmani
di Mathias Hariyadi
Mons. Pujasumarta definisce una “buona idea” la nascita di un luogo comune per i fedeli di tutte le religioni, ma è “ancora troppo presto” per realizzare il progetto. Il prelato e i cristiani sono “terrorizzati” per gli attacchi contro ahmadi e cristiani delle scorse settimane. La solidarietà del Nahdlatul Ulama.
Jakarta (AsiaNews) – Il progetto volto a creare una “casa comune” per i fedeli di tutte le religioni “è certamente una buona idea”, ma è “ancora troppo presto” per poterla mettere in pratica perché “siamo tuttora sgomenti per le immagini di nostri concittadini, con in mano pugnali, pietre e bastoni, che perpetrano atti violenti, distruggono altrui proprietà e arrivano persino a uccidere”. È quanto dice ad AsiaNews mons. Johannes Pujasumarta Pr, arcivescovo di Semarang (Java), sottolineando di essere “personalmente terrorizzato nel vedere quanto è successo di recente a Cikeusik e Temanggung”.
Il segretario generale della Conferenza episcopale indonesiana (Kwi) ripercorre gli attacchi di frange estremiste musulmane contro gli ahmadi – tre le vittime – nella provincia di Banten e l’assalto alle chiese cristiane nello Java centrale. Episodi di violenze interconfessionali che hanno sollevato, ancora una volta, il problema della libertà religiosa e del fondamentalismo islamico nella nazione musulmana più popoloso al mondo.
Mons. Pujasumarta invita al ritiro e alla riflessione personale, per capire come possano succedere episodi di violenza brutale “nella nostra casa comune”, l’Indonesia. Il prelato chiede “più tempo” per pregare e “incontrare il Creatore” che ha dato vita all’essere umano per “prendersi cura l’un l’altro” e non per compiere violenze e distruzione.
In un’intervista ad AsiaNews, l’arcivescovo di Semarang spiega che i recenti attacchi di natura confessionale “hanno traumatizzato un gran numero di cristiani” e per questo è necessario “un momento specifico di riflessione e preghiera”. Egli precisa inoltre che nessuno è autorizzato a “orchestrare” questioni delicate come il dialogo interconfessionale e invoca un “progetto comune” di pace, perché ogni cittadino possa vivere libero nel proprio Paese.
Il 10 febbraio scorso, due giorni dopo l’attacco alle chiese, il vescovo e alcuni esponenti di primo piano della diocesi hanno celebrato una messa speciale nella zona teatro delle violenze, alla quale hanno partecipato centinaia di fedeli. “Ho cosparso ogni angolo con l’acqua santa – spiega il prelato – perché la chiesa potesse essere di nuovo consacrata”. Il 9 febbraio, invece, mons. Pujasumarta ha accolto “con calore” una delegazione del Nahdlatul Ulama (NU), la più importante organizzazione musulmana moderata del Paese, che intendeva solidarizzare con i cristiani vittime delle violenze (nella foto).
“L’Indonesia è una nazione multietnica e multiculturale – conclude il segretario generale dei vescovi – e ogni cattolico […] dovrebbe aderire allo sforzo comune promosso dall’intero popolo, perché si raggiunga una migliore qualità di vita per tutti”.
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