Vescovi indonesiani: La riforma dell’anticorruzione è manipolata per interessi politici
Il governo di Joko Widodo propone una revisione della legge UU No 33 Year 2012, che dà i poteri alla Commissione anticorruzione. Secondo musulmani, cristiani, buddisti e confuciani, la mossa parlamentare serve ad indebolire il potere degli investigatori, per coprire i politici corrotti. L’Indonesia è all’88mo posto (su 168) nella classifica mondiale della corruzione.
Jakarta (AsiaNews) – Il piano di riforma dell’anticorruzione “è manipolato per interessi politici. Uno dei suoi scopi è quello di permettere ai politici coinvolti – per appropriazione indebita di fondi, collusione con uomini d’affari etc. – di ‘gonfiare’ i prezzi di progetti e acquisizioni statali, soprattutto nei recenti progetti infrastrutturali promossi dal presidente Joko Widodo”. Lo dice ad AsiaNews, p. Edy Purwanto, segretario esecutivo della Conferenza episcopale indonesiana (Kwi), spiegando che i leader di tutte le religioni, ad eccezione dei protestanti, si sono uniti al Muhammadiyah (seconda organizzazione islamica nel Paese) per scagliarsi contro le modifiche alla legge sulla Commissione anticorruzione (Kpk) volute dal presidente Widodo. Fra queste vi è la riduzione dei poteri del Kpk.
Secondo i dati di Transparency International, aggiornati al 2015, l’opinione pubblica indonesiana percepisce il settore pubblico come molto corrotto, classificando il Paese all’88mo posto su 168. Inoltre, la politica risulta essere spesso usata per scopi personali e in questa classifica Jakarta totalizza -0,7 punti, in una scala da -2.5 a +2,5.
Negli ultimi anni, il Kpk ha portato davanti alla giustizia numerosi governatori provinciali ed esponenti di primo piano del governo, compresi il ministro dello Sport, quello degli Affari religiosi e, ultimo in ordine di tempo, il ministro dell’Energia e delle risorse. Questi ultimi sono stati ministri nel governo del presidente Yudhoyono (2009-2014).
Nel loro messaggio, i vertici religiosi sostengono Agus Rahardjo, attuale capo del Kpk, che ha annunciato le dimissioni se le riforme volute da Jakarta verranno approvate. Rahardjo ha risposto dicendo di apprezzare molto il sostegno dei leader religiosi, promettendo che si batterà per evitare un indebolimento delle leggi attuali (UU No 33 Year 2012), che sono necessarie per tenere sotto controllo il livello di corruzione del Paese, che rischia di aumentare a dismisura. Nel frattempo, dopo un incontro con i rappresentati del Parlamento, Widodo ha deciso di posporre la discussione della riforma.
Dahnil Anzar Simanjuntak, presidente del Muhammadiyah, spiega che i gruppi religiosi e gli attivisti temono la formazione di un “organo di supervisione” che possa mettere il veto ad ogni processo legale del Kpk e all’intercettazioni e ai pedinamenti richiesti dagli agenti. Se questi diritti del Kpk venissero negati, la Commissione perderebbe gran parte dei suoi poteri.
“Insieme ai musulmani, buddisti, indù e confuciani – riprende p. Purwanto – la Conferenza episcopale ha sempre ripetuto che, finché i piani e gli sforzi sia del governo che del parlamento sono volti ad un indebolimento del Kpk, noi siamo contrari in modo assoluto. La Chiesa cattolica si unisce al coro dei partiti, degli osservatori e della società civile per sostenere il Kpk, affinché non si faccia mettere nel sacco dal meccanismo parlamentare delle riforme”.