Vescovi filippini: Basta con gli omicidi impuniti, servono giustizia e unità
La campagna contro la droga lanciata dal presidente Duterte è sfociata in una sanguinosa guerra senza alcun rispetto per il diritto e la democrazia. Oltre 2mila presunti spacciatori sono stati uccisi da poliziotti e vigilantes, rimasti del tutto impuniti. Il presidente della Conferenza episcopale: “Non possiamo mollare, una preghiera per curare i mali della nazione. Dio ci ascolterà”. I religiosi: “Il silenzio degli uomini buoni permette al male di prosperare”.
Manila (AsiaNews) – Gli omicidi indiscriminati “continuano ad aumentare nelle Filippine. E le divisioni nella società diventano sempre più profonde. L’indifferenza nei confronti di chi viola i Comandamenti di Dio è sempre più elevata. Ma noi non possiamo mollare”. Lo dice ad AsiaNews mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen-Dagupan e presidente della Conferenza episcopale, commentando gli ultimi episodi di violenza che affliggono nel Paese.
Da quando è salito al potere, con le elezioni dello scorso maggio 2016, il nuovo presidente Rodrigo Duterte ha lanciato una campagna contro lo spaccio di droga. Pur lodevole come iniziativa, questa campagna viene applicata con metodi da dittatura militare. La polizia sembra aver ricevuto un mandato di “impunità” in caso di “morte accidentale” degli spacciatori, mentre aumentano gli squadroni della morte che uccidono e incassano le taglie – non ufficiali – promesse dalle autorità locali. I morti, denunciano i membri della società civile, hanno ormai superato le 2mila unità.
Il clima di violenza viene confermato anche da alcune dichiarazioni di Ronald Dela Rosa, capo della polizia nazionale, che in un intervento trasmesso oggi dalla televisione pubblica ha invitato i tossicodipendenti a “dare fuoco alle case degli spacciatori”. Parlando senza mezzi termini, l’ufficiale ha detto rivolgendosi ai drogati: “Perché non andate a visitare le case di chi vi avvelena con del gasolio, per poi dare fuoco a tutto? Loro si prendono il vostro denaro e in cambio vi distruggono il cervello. Voi sapete chi sono. Vi piacerebbe ucciderli? Fatelo. Ucciderli è permesso perché voi siete le loro vittime”.
La Chiesa cattolica ha condannato con forza questa campagna, pur definendo “necessaria” un’azione di contrasto alla tossicodipendenza. Il 28 giugno scorso, la Conferenza episcopale ha pubblicato un appello “alla giustizia e alla legalità” rivolto ai membri delle forze armate e della sicurezza nazionale, in cui si chiede loro di riportare il diritto nel Paese. Oggi mons. Villegas torna sul tema con una preghiera “per curare la nazione” in cui chiede unità, una soluzione legale ai crimini e alla corruzione e infine “compassione per coloro che stanno morendo in questa purga”.
La preghiera, spiega il presule, “è la nostra arma più potente. Noi confidiamo nella misericordia di Dio e ci affidiamo a Lui. Risponderà alle nostre preghiere. Crediamo nei miracoli e nel potere delle persone che pregano. Facendolo insieme, diveniamo forti nella forza del Signore”. Il testo della preghiera verrà recitato prima di ogni messa dal 30 agosto al 7 settembre, e all’inizio delle lezioni nelle scuole cattoliche.
Insieme ai vescovi sono scesi in campo anche i religiosi filippini. L’Associazione dei Superiori degli ordini religiosi ha infatti pubblicato una lettera aperta in cui si stigmatizza “il silenzio del governo e della popolazione davanti a questi omicidi. Il male prospera quando gli uomini buoni tacciono. Il silenzio sociale è approvazione per quello che avviene? O è la paura che chiude la bocca alle persone? Quale che sia il motivo, se rimaniamo zitti manterremo viva questa cultura dell’impunità”.
Firmato da p. Cielito Almazan e da suor Regina Kuizon – co-presidenti dell’Associazione – il testo aggiunge: “Come religiosi e persone consacrate, crediamo nella giustizia. Ma crediamo anche che le ruote della giustizia debbano seguire il corso delle procedure e operare all’interno dei confini della legge. Chiediamo al governo e alle agenzie coinvolte in questa guerra alla droga di continuare la loro battaglia, ma senza omicidi extra-giudiziari”.