Vescovi denunciano manovre contro la credibilità e l’unità della Chiesa
Il documento dell’episcopato polacco rivendica il ruolo svolto dalla Chiesa in difesa della “libertà e verità” durante gli anni del comunismo, invoca rispetto per la dignità delle persone e chiede al mondo politico che il contenuto dei dossier sia “verificato” da un tribunale indipendente.
Città del Vaticano (AsiaNews) – L’intero clero polacco, cardinali e vescovi compresi, vuole che prosegua l’esame, anche nei loro confronti, dei dossier dei servizi segreti del regime comunista, ma rivendica il ruolo svolto dall’intera Chiesa polacca, che in quegli anni è stata il massimo difensore degli spazi di “verità e libertà”, ricorda che i documenti in questione sono stati elaborati da suoi “nemici” e sollecita politici e organi di stampa a non permettere processi sommari che non consentono la difesa, come nel caso di mons. Wielgus. E’, in estrema sintesi, il contenuto delle decisioni prese dal vescovi polacchi nella riunione del 12 gennaio ed espresse in un documento nel quale si chiede “ai governanti e ai parlamentari di assicurare una utilizzazione dei materiali trovati negli archivi” in modo da “non ledere i diritti della persona umana, da non degradare la dignità dell'uomo e in modo da rendere possibile la verifica di tali materiali da parte di un tribunale indipendente. E non si può dimenticare che questi materiali accusano soprattutto i loro autori”.
Reagisce con forza la Chiesa polacca di fronte ad un caso, quello di mons. Wielgus, che, non solo dal suo interno, è visto come un tentativo di attaccane la credibilità e l’autorità – minandone anche l’unità – portato avanti da comunisti e nazionalisti: una “strana alleanza” fondata sul concomitante interesse a ridurre il peso del cattolicesimo. A tale obiettivo si è indirettamente riferito il cardinale Jozef Glemp quando ha chiesto come mai ad uscire dagli archivi dei servizi siano solo i dossier sui sacerdoti. Nulla “esce a caso” dagli archivi della polizia segreta comunista, ha osservato dal canto suo Lech Walesa in un’intervista al Corriere della Sera. Il fondatore di Solidarnosc si è detto convinto che dietro i dossier contro mons. Wielgus ci sia l’”accorta regia” degli ex ufficiali dei servizi, che sono “forti, organizzati, annidati nei settori più importanti, soprattutto i sindacati”. A suo giudizio, “non è affatto una coincidenza che lo scandalo sia scoppiato all' ultimo momento. Gli uomini dei servizi hanno agito con calcolo, perfettamente consapevoli del clamore che il caso avrebbe suscitato in Polonia, all’estero e in Vaticano. Sono specialisti della destabilizzazione”.
A questo tentativo, il documento della Chiesa reagisce su diverse direttrici. A partire dall’affermazione che essa “ha sempre sentito con la nazione, ne ha sempre condiviso le sorti, soprattutto nei periodi più tenebrosi della nostra storia. Il portare alla luce, dopo anni, debolezze e infedeltà di alcuni suoi membri, anche sacerdoti, non muta questo fatto”. No, insomma a chi vuole cambiare la storia e “dimentica che durante il totalitarismo comunista tutta la Chiesa in Polonia si è opposta continuamente alla costrizione della società ed è stata oasi di libertà e verità” e no a “interpretazioni unilaterali e bugiarde del ruolo della Chiesa nel periodo totalitario”.
Affrontando poi direttamente il caso del vescovo accusato di aver collaborato con i servizi segreti, il documento esprime “dolore che la mancata presa in considerazione delle norme universalmente accettate di presunta non colpevolezza, hanno creato intorno all'accusato Arcivescovo un'atmosfera di pressione che non lo ha aiutato a presentare all'opinione pubblica l’adeguata difesa, alla quale aveva diritto”.
Ma se, con quanto accaduto, “sperimentiamo ancora una volta, che il tenebroso passato del periodo del sistema totalitario che ha regnato per decine d'anni nella nostra Patria continua a farsi sentire”, i vescovi sottolineano che “la documentazione conservata negli archivi della IPN rivela parte degli ampi spazi di costrizione e di neutralizzazione della società polacca da parte degli organi di sicurezza dello Stato totalitario. Non è però la completa ed unica documentazione dei tempi passati. Solo un'analisi accurata e critica di tutte le fonti accessibili ci permetterà di avvicinarci alla verità. Letti unilateralmente, i documenti preparati da funzionari dell'apparato di repressione dello Stato comunista ostili alla Chiesa, possono seriamente recar danno alle persone, distruggere legami di fiducia sociale e di conseguenza trasformarsi in vittoria del sistema inumano nel quale abbiamo dovuto vivere, dopo la sua sepoltura”.
Di fronte a quanto accaduto, la Chiesa polacca da un lato riafferma la sua volontà di collaborare per il raggiungimento della verità, dall’altro chiede ai politici di fare in modo che l’esame dei dossier avvenga nel rispetto delle persone e della storia e sia condotto da un tribunale indipendente. Un riferimento, quest’ultimo, ad una questione attualmente all’esame del Parlamento.
La Chiesa, dunque “non ha paura della verità, non ha paura, anche se e' una verità dura, vergognosa e se la sua ricerca è talora molto dolorosa”. Essa sente di avere “un grande compito di riconciliazione. Il passato non possiamo cambiarlo, sia quello glorioso che quello del quale ci vergogniamo” e chiede “a tutte le persone della Chiesa, sacerdoti e laici, perché continuino l'esame di coscienza sul proprio comportamento durante il periodo del totalitarismo. Non vogliamo entrare nel santuario della coscienza di nessuno, ma invitiamo a fare tutto per confrontarsi con eventuali fatti e - se necessario - riconoscerli e confessarne la colpa”.
Al tempo stesso, però, chiede al mondo politico di garantire che l’utilizzazione dei dossier non leda i diritti e la dignità delle persone. “Coscienti del richiamo di Cristo: ‘Non giudicate affinché non siate giudicati’ (Mt 7,1) preghiamo tutti di desistere dal dare giudizi superficiali e affrettati, perché possono essere offensivi. Pensiamo a tutti coloro che lavorano nei mezzi di comunicazione sociale. Che la coscienza cristiana e la sensibilità umana suggeriscano loro che cosa e come presentare all'opinione pubblica tenendo sempre presente la dignità della persona umana, il suo diritto alla difesa, anche dopo la morte. Ci appelliamo alla generazione dei giovani, che non ha esperienza diretta dell'epoca nella quale hanno dovuto vivere i più anziani, perché cerchi di conoscere l'ardua e complessa verità dei tempi passati. Nonostante tutte le ombre, alle generazioni che hanno vissuto a quei tempi, fra queste anche alle generazioni dei sacerdoti, ai loro inflessibili combattimenti col male, dobbiamo la conquista della libertà dopo anni di un' ideologia marxista e di modelli di vita politica e sociale che ci erano stati imposti”. (FP)
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