Vescovi dell’India: La maggioranza degli indù è laica, ma esistono minoranze aggressive e intolleranti
Ieri si è aperta a Bangalore la 32ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale indiana. Presenti 180 vescovi rappresentanti dei tre riti cattolici. Il tema è “La risposta della Chiesa in India alle sfide attuali”. Il card. Baselios Cleemis, presidente della Conferenza, ha detto che la maggioranza degli indù è laica. Mons. Mepamparampil: “Sono d’accordo, ma alcune minoranze aggressive tentano di prendere il controllo del Paese. Non dobbiamo arrenderci ad esse, serve un dialogo continuo con gli intellettuali imparziali e giudiziosi”.
Bangalore (AsiaNews) – Di fronte a una lunga serie di violenze e attacchi nei confronti della comunità cristiana ad opera dei fondamentalisti indù, i vescovi dell’India riaccendono il dibattito sulla laicità del Paese. Ciò avviene in occasione della 32ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale indiana (Cbci), che si è aperta ieri e terminerà il 9 marzo. Prima dell’inizio dei lavori, il card. Baselios Cleemis Thottunkal, presidente della Cbci e arcivescovo di Trivananthapuram, ha dichiarato che la maggioranza degli indù è laica. “La politica è una cosa buona – ha detto – ma non quella basata sul voto. Se l’intera comunità indù in India avesse deciso di essere settaria, i cristiani, musulmani e sikh non sarebbero stati al sicuro. Invece grazie a Dio la maggioranza degli indù è laica. La virtù della laicità deve essere proclamata da tutti”. Anche se in generale concorda con quanto espresso dal card. Cleemis, mons. Thomas Menamparampil, amministratore apostolico di Jowai e sostenitore dell’armonia tra le religioni, afferma ad AsiaNews: “È vero che la società in generale rispetta gli altri punti di vista ed è tollerante con le minoranze. Ma esiste di certo una minoranza aggressiva che cerca di mantenere vivo il ricordo delle ferite storiche che la società indù ha sofferto in passato e di prendere nelle proprie mani le posizioni di rilievo del Paese. Lo sbaglio dell’attuale governo è di essere influenzato in modo eccessivo da questa minoranza, e a volte di soccombere ad essa, in particolare quando i leader sanno di dipendere dallo sforzo di queste persone per guadagnare voti”.
Ieri si è aperta la Plenaria dei tre riti cattolici dell’India, quello latino, siro-malankarico e siro-malabarico. Al St. John’s Medical College Campus di Bangalore sono riuniti 180 vescovi provenienti da tutto il Paese, assistiti da 20 sacerdoti e da gruppi di esperti, sia religiosi che laici. Il tema di quest’anno è “La risposta della Chiesa in India alle sfide attuali”. L’incontro, che si svolge ogni due anni, ha come obiettivo quello di affrontare vari aspetti della vita della Chiesa locale, e ragionare su come “rivitalizzare la comunità cattolica per renderla più efficace nel suo servizio ai membri della società”. Sono anche previsti dei momenti di condivisione con la Conferenza dei religiosi dell’India (Cri) e il Consiglio cattolico dell’India (Cci).
Durante la conferenza stampa, il card. Cleemis ha detto che “gli attacchi alle minoranze sono diminuiti, ma sono le dichiarazioni provocatorie che stanno creando problemi”. “Per ognuno in India – ha aggiunto – c’è uno spazio dignitoso per credere, professare e diffondere la propria fede. Ma quando il tessuto laico è sotto attacco, tutti dovremmo unirci in quanto nazione e fronteggiarlo insieme”.
A proposito dell’atteggiamento da tenere negli episodi di intolleranza da parte dei radicali indù, mons. Menamparampil dice ad AsiaNews: “Dobbiamo trattarli con intelligenza, piuttosto che affrontarli in modo aggressivo. Io ritengo che un’auto-difesa ‘aggressiva’ può diventare aggressione. L’ingiustizia non deve essere affrontata con l’ingiustizia o l’esagerazione. Non dobbiamo fare nulla che possa portare entrambe le parti a posizioni radicali o agire in modo da perdere la simpatia della maggioranza. Non dobbiamo emergere ai loro occhi come un ‘gruppo litigioso’”.
Tale atteggiamento conciliante, continua, “non vuol dire che dobbiamo rinunciare ai nostri diritti di minoranza o chiudere gli occhi di fronte ai modi nascosti di fare pressione per gli interessi della comunità dominante ai danni delle minoranze. Deve essere evidente a queste persone con interessi personali che noi siamo vigili”.
Mons. Menamparampil delinea anche un percorso da seguire: “Dobbiamo ottenere il sostegno delle persone imparziali e giudiziose attraverso un dialogo continuo, o ‘il ragionamento pubblico’, come direbbe Amartya Sen [premio Nobel per l’economia, tra le voci internazionali più autorevoli e impegnate nella lotta alla povertà e alla disuguaglianza – ndr]. Dobbiamo invitare gli intellettuali ad aprire un dibattito energico sul pericolo di abbandonare il futuro del Paese agli elementi aggressivi della società. La soluzione è il dialogo e i rapporti ad ogni livello”.