17/07/2015, 00.00
VATICANO
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Vaticano: mettere fine alle violenze, alla corruzione e all’inquinamento provocati dallo sfruttamento delle miniere

L’Incontro “Una giornata di riflessione – Uniti a Dio ascoltiamo un grido”, promosso dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace con i rappresentanti di comunità colpite da attività minerarie provenienti da Africa, Asia e America. “Responsabili sono gli investitori, imprenditori, politici e governanti dei Paesi dove si trovano i giacimenti oppure dei Paesi dove risiedono i quartieri generali delle multinazionali minerarie”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Le attività legate al settore minerario provocano, soprattutto nei Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America, “situazioni di violenza e di intimidazione, illegalità e corruzione, inquinamento e violazioni dei diritti umani”, fino a “uccisioni”. Oltre a provocare danni spesso irrimediabili all’ambiente e alle tradizioni delle popolazioni dei territori sfruttati.

Una realtà illustrata stamattina in Vaticano in occasione dell’Incontro “Una giornata di riflessione – Uniti a Dio ascoltiamo un grido”, promosso e organizzato dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace con i rappresentanti di comunità colpite da attività minerarie provenienti da Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America, che si svolge a Roma, al Salesianum, da oggi al 19 luglio 2015.

“Ci sono – la denuncia del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio consiglio - negazioni del primato dell’essere umano, insensibilità al benestare dell’ambiente sociale e naturale e piena esperienza di fragilità, abbandono e scarto. Responsabili sono gli investitori, imprenditori, politici e governanti dei Paesi dove si trovano i giacimenti oppure dei Paesi dove risiedono i quartieri generali delle multinazionali minerarie”.

L’incontro si svolge a porte chiuse e vi prendono parte anche dirigenti e rappresentati di diverse compagnie minerarie, desiderosi di vedere criticamente il carattere dell' industria mineraria nel mondo e rappresentanti di comunità colpite in diversi modi da svariate attività minerarie. “Mi preme sottolineare – ha rivelato il porporato - che alcune persone che partecipano all’incontro hanno ricevuto pressioni e intimidazioni negli ultimi giorni, per esempio dopo aver richiesto un passaporto”.

“Tutte queste voci vanno in una sola direzione: dinnanzi a tali situazioni non si può lasciare che l’indifferenza, il cinismo e l’impunità continuino. Serve un radicale cambiamento di paradigma in vista del bene comune, della giustizia, della sostenibilità, della dignità umana”.

“L'incontro – ha detto da parte sua il comboniano padre Dario Bossi, riportando la sua esperienza in Brasile - vuole essere un momento di riflessione, di condivisione di esperienze e di raccolta di proposte per le azioni future da parte della Chiesa o delle comunità stesse”.

“Con il sostegno della Chiesa – ha aggiunto - è importante lavorare su misure che contribuiscano a garantire il rispetto dei diritti delle comunità da parte delle imprese. Basandosi sulle esperienze concrete delle comunità, diverse proposte per il futuro saranno prese in considerazione nel corso della riunione del Pontificio consilio. Tra questi vi è il rispetto per l'autodeterminazione delle comunità, e l’avvio di un processo verso un consenso libero e informato delle comunità, sancito dal diritto internazionale. C'è anche bisogno di una regolamentazione applicata correttamente. Un esempio a livello internazionale è il lavoro avviato su un trattato vincolante delle Nazioni Unite per le imprese, per il rispetto dei diritti umani. La Santa Sede ha dato un importante sostegno al processo verso la costruzione di questo trattato, con una dichiarazione a favore di uno strumento giuridico nel corso della sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite del 2014 in cui è stata decisa l'istituzione di tale procedimento”.

Significativa, tra le testimonianze, quella portata da Prassant Kumar Paikray della diocesi di Cuttack-Bhubaneswar. “Io – ha detto – promuovo la pace e l'armonia in Odisha tenendo fuori l'impresa siderurgica. L'ho fatto per 10 anni. Quando una società arriva in una comunità con una nota d'intesa (MOU) la comunità si divide tra pro e contro. Abbiamo sostenuto questo sforzo per 10 anni con manifestazioni pacifiche vicino alle aree proposte dal progetto. Le aziende vogliono non solo la terra, ma anche l'acqua che abbiamo per bere e per irrigare i campi. Proprio ieri, 16 luglio 2015, la Società ha dichiarato che sospende temporaneamente il progetto. Questo successo ha avuto un costo. Ci sono stati  370 accuse penali, false, da parte del governo, della polizia e delle società. 2500 persone sono state messe sotto inchiesta, 500 di loro sono donne. 700 persone sono in carcere e 4 sono morte”.
 

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