Varanasi: mafia e inquinamento "minacce alla salute del Gange"
Mumbai (AsiaNews) – Inquinamento e mafie legate al settore edilizio. Sono queste le prime minacce alla “salute” del Gange, fiume sacro per gli indù e vitale per la popolazione e l’economia dell’India. Ne parla ad AsiaNews p. Anand Mathew Ims, che a Varanasi dirige l’associazione culturale Vishwa Jyoti Communications, impegnata nella salvaguardia dell’ambiente e nella promozione dei diritti umani e dell’educazione primaria. “Per me – spiega – come cristiano e come essere umano, la prima preoccupazione è collaborare con Dio per custodire il creato. L’acqua è un aspetto essenziale di questa missione”.
Il Gange è una fondamentale risorsa di acqua potabile per l’India. Un quarto degli 1,2 miliardi della popolazione vive in città e villaggi lungo il suo corso. Lungo 2.500 chilometri dal ghiacciaio Gangotri sull’Himalaya (Uttarkhand), attraversa Uttar Pradesh, Bihar e West Bengal. Da qui entra in Bangladesh, dove è chiamato Padma, e si unisce con il Brahmaputra per sfociare nella Baia del Bengala con il delta più ampio del mondo.
“La nostra missione profetica – afferma il sacerdote ad AsiaNews – è salvare queste acque non solo dalle mafie edilizie, ma anche dall’inquinamento. Il Gange è contaminato in eguale misura da rifiuti domestici e da inquinanti industriali, che vengono gettati nel fiume senza essere trattati. Questo rappresenta un pericolo per la salute di oltre 400 milioni di persone, che ogni giorno usano le sue acque in modo diretto o indiretto”.
La loro opera si concentra anzitutto sugli affluenti del grande fiume: “Il nostro Primo ministro parla sempre di pulire il Gange, tuttavia la pulizia e l’abbellimento ‘cosmetico’ avvengono solo sulle banchine. Tuttavia il Gange non può essere ripulito se non ci si occupa prima dei fiumi Assi e Varuna, che circondano Varanasi”.
È inevitabile, spiega p. Mathew, “che i poveri e gli emarginati siano più colpiti. Essi hanno le loro tradizioni indigene, la maggior parte delle quali si svolgono lungo il bacino. Le loro festività e le loro culture sono basate sui fiumi. Molti dimorano lungo le banchine e incentrano la loro sopravvivenza sul fiume: sono pescatori, marinai, lavandai”.
Adesso però, a causa di abusi edilizi queste persone “stanno perdendo tutto”. Le società di costruzione, racconta, “ormai stanno costruendo palazzi non solo lungo gli argini, ma addirittura in mezzo al fiume. È chiaro che l’intera sopravvivenza dei poveri è stata strappata via. Per questo per noi è una missione cristiana, vogliamo restituire ai poveri ciò che hanno perso”.
Il direttore dell’associazione culturale ricorda: “Per la Giornata mondiale della Pace del 2010 papa Benedetto XVI aveva scelto come tema ‘Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato’. Questo è molto vero e fondamentale nella nostra missione. Se falliamo nel preservare e nel proteggere la creazione, non possiamo aspirare alla pace. E l’acqua è la risorsa base di tutto”.