Uzbeki salvi dal coronavirus col ‘fumo benedetto’ dell’isryk
Solo 150 contagi nel Paese. La gente attribuisce il basso numero alle proprietà dell’ isryk, la ruta siriana chiamata anche hermala, già usata come bevanda sacra nei riti ariani (Veda) e zoroastriani. Ma per il ministero della salute “non esistono prove scientifiche” sui buoni effetti di questo fumo. Il “triangolo mongolo”, di cui fanno parte anche il Turkmenistan e il Tagikistan, è comunque una delle zone meno colpite dalla pandemia.
Tashkent (AsiaNews) - Per le strade della capitale uzbeka, da giorni si sente un forte odore di bruciato, con diffusione di aromi molto aspri, tanto da costringere a chiudere porte e finestre, nonostante le alte temperature. Le donne dell’ufficio comunale avvertono il giornalista della Novaja Gazeta: “Tenga la porta chiusa, ma non per il fumo: abbiamo paura che entri il coronavirus”. Il fumo al contrario è “benedetto”: si tratta dell’essenza di isryk, la ruta siriana chiamata anche hermala, disprezzata perfino dagli animali selvatici, ma molto apprezzata in questi giorni in tutta l’Asia centrale.
I mazzi gialli o verde chiaro di isryk vengono bruciati insieme alla carta straccia in apposite scatolette, dove vengono posizionati i semi amarognoli della pianta, che vanno a ruba in tutti i bazar del Paese. Nelle farmacie l’erba è venduta anche in forma polverizzata, in piccole confezioni dal costo inferiore a un dollaro. Sull’etichetta si legge che l’isryk si usa per la “profilassi delle infezioni delle vie respiratorie, influenza e raffreddori, e anche contro gli insetti domestici”, e si raccomanda di “posizionarla su una superfice ignifuga e bruciarla”. Ogni bancone dei bazar ha sistemato ai lati degli scolapasta metallici, da dove l’erba miracolosa viene fumigata di continuo.
L’effetto è anche leggermente allucinogeno. L’isryk è nota anche come somi o khaomi, usata in dosi massicce per bevande “sacre” degli antichi ariani, secondo i Veda indiani o l’Avesta zoroastriano. Essa viene usato anche dai sufi dell’Asia centrale come “incenso mistico” per raggiungere l’estasi. Fu proprio un saggio musulmano, il famoso Avicenna (Abu Alì ibn Sina, nativo della città uzbeka di Bukhara), molto citato da san Tommaso d’Aquino, a scrivere nel “Canone della scienza di guarigione” che l’isryk è il miglior mezzo per curare le infiammazioni respiratorie, e si può usare anche come diuretico e antidolorifico.
Il ministero uzbeko della salute, ha emesso un comunicato agli inizi di marzo, secondo cui “non esistono prove scientifiche che l’isryk abbia effetto contro il coronavirus”. Ma questo non ha incrinato la fiducia dei cittadini nell’erba medica. Anche perché nel Paese vi sarebbero ancora pochi contagi (50 casi su 2,5 milioni nella capitale Taškent), e farebbe parte di una zona dell’Asia centrale chiamata in questi giorni il “triangolo mongolo”, refrattario all’epidemia. Questo viene spiegato con la particolare secchezza e salubrità dell’aria e con l’uso dell’erba isryk/hermala, raccomandata anche in Turkmenistan e Tagikistan, altri due Paesi del “triangolo”.
I primi casi di infezione sono comunque emersi in questi giorni, dopo il 30 marzo, e in tutto il Paese sarebbero già circa 150, con alcuni decessi, su cui per ora non ci sono informazioni ufficiali. Il governo ha annunciato misure di quarantena, a cui si è sottoposto volontariamente anche il più famoso miliardario del paese, Alisher Usmanov, grande sostenitore di Putin e finanziatore della Tesla di Elon Musk. Il presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev ha cercato di rassicurare i cittadini, terrorizzati dopo settimane di grande sicumera, affermando che “se il nostro popolo resterà unito e seguirà le indicazioni, sconfiggeremo velocemente questa malattia”, anche bruciando qualche cespuglio di isryk in più.