Usa e Russia limitano le armi nucleari. La Cina si rifiuta
Prolungato di cinque anni il trattato New Start, esso limita a 1.500 il numero di testate nucleari. Esperto russo: la Cina ha 430 ordigni atomici, la sua posizione è comprensibile. Il Cremlino non metterà pressione ai cinesi: gli servono per bilanciare Stati Uniti e Unione europea. Il fallimento della lotta alla proliferazione atomica.
Roma (AsiaNews) – Stati Uniti e Russia continueranno a limitare le armi nucleari. Ieri Washington e Mosca hanno rinnovato per altri cinque anni il trattato New Start. L’accordo sulla riduzione delle armi nucleari sarebbe scaduto domani; il nuovo presidente Usa Joe Biden ha concordato l’estensione con il suo omologo russo Vladimir Putin. La Cina si rifiuta di aderirvi, a meno che Mosca e Washington non accettino la parità nucleare.
Per rinnovare il New Start, l’ex presidente Donald Trump pretendeva l’adesione di Pechino. La nuova amministrazione Usa ha fatto cadere questa precondizione, ma ha specificato che “lavorerà per ridurre i pericoli posti dal moderno e sempre più ampio arsenale atomico cinese”.
La Cina sostiene che il suo è un piccolo arsenale, incomparabile con quello di Russia e Usa. Pechino ha dichiarato di essere disponibile a entrare in un accordo del genere solo quando Mosca e Washington avranno ridotto il numero di testate al livello di quello cinese. Per Alexander Savelyev, capo ricercatore all’Istituto Primakov di economia mondiale e relazioni internazionali con sede a Mosca, la posizione della Cina è comprensibile dal punto di vista politico, militare e strategico.
Da quello pratico è diverso, osserva Savelyev, che dal 1989 al 1991 ha partecipato come consigliere ai negoziati Start-1 tra Usa e Unione Sovietica. Egli sottolinea che per arrivare alla parità nucleare fra le tre potenze, Washington e Mosca dovrebbero diminuire il loro arsenale del 90%.
Secondo la Federation of the American Scientist, gli Usa hanno 3.800 testate nucleari, la Russia 4.312 e la Cina 320. Quelle di Pechino non sarebbero pronte all’uso, a differenza di buona parte di quelle russe e statunitensi.
Il New Start limita a 1.550 il numero di ordigni operativi a disposizione di Usa e Russia, ai quali si deve aggiungere un massimo di 800 fra lanciamissili e bombardieri nucleari. Dopo che Trump ha deciso nel febbraio 2019 il ritiro degli Usa dal trattato sulle armi nucleari di medio raggio (Inf), il New Start è l’ultimo accordo in tema di armamenti ancora in vigore tra Mosca e Washington.
La Russia auspica l’adesione di tutti gli Stati con armi nucleari a un New Start allargato. Le autorità russe hanno detto però più volte che non intendono mettere pressione a Pechino. Il Cremlino è in cattivi rapporti con gli Usa e l’Unione europea: la partnership strategica con il gigante asiatico gli serve per bilanciare l’ostilità del campo occidentale.
Savelyev non crede che i cinesi entreranno in un accordo multilaterale sulla riduzione delle armi nucleari. Oltre ad alimentare ulteriori tensioni con gli Usa, l’atteggiamento cinese contribuisce a vanificare i più ampi sforzi della comunità internazionale per combattere la proliferazione atomica. Il 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari, ma la mancata adesione di tutti i Paesi dotati di armamenti nucleari lo rende nei fatti inutile.
Senza la partecipazione delle potenze nucleari agli sforzi di disarmo, la sicurezza del mondo continuerà a basarsi “sull’equilibrio del terrore”, una dottrina rischiosa dinanzi all’avanzamento tecnologico in ambito militare. Lo sviluppo delle armi ipersoniche e dei droni d’attacco guidati da sistemi d’intelligenza artificiale rendono infatti gli armamenti nucleari ancora più letali e utilizzabili in situazioni più circoscritte.