Un ritiro spirituale a Dubai mantiene viva la fede fra i migranti in Medio Oriente
Mumbai (AsiaNews) - "I migranti asiatici cristiani mantengono viva la fede nel Medio Oriente". È quanto afferma ad AsiaNews p. Errol Fernandes, gesuita e preside del St. Xavier's College di Mumbai che in questi anni ha organizzato vari ritiri spirituali in tutto il mondo compresi i Paesi arabi e del Golfo Persico (eccetto l'Arabia Saudita). Il sacerdote descrive la sua esperienza fra i cristiani migranti, confrontandosi con l'invito del papa a non "rassegnarsi a pensare il Medio Oriente senza i cristiani" fatto lo scorso 21 novembre alla Plenaria del Dicastero per le Chiese orientali. Il sacerdote sottolinea che il papa ha a cuore la situazione dei cristiani che subiscono persecuzioni e restrizioni in Siria, Turchia, Egitto e altri luoghi. "La paura non deve mai governare le nostre vite - afferma citando Francesco - questo significa che tutti devono essere liberi e ovunque essi vivano devono avere la possibilità di praticare la loro fede". Dal 4 al 6 novembre, p. Fernandes ha guidato un raduno di preghiera a Dubai (Emirati Arabi Uniti) dal titolo "Ravvivare il fuoco". Per il sacerdote il ritiro a Dubai è stata un'occasione per vivere il tema generale dell'Anno della Fede che invita a rinvigorire il nostro credo e ritornare alle proprie radici guardando con fiducia e con coraggio il futuro.
Il grande numero di migranti asiatici cristiani in Medio Oriente e la loro risposta ai ritiri di preghiera può essere secondo lei un segno di speranza per il cristianesimo in Medio Oriente?
In questi mesi molte persone mi hanno scritto raccontando che erano state aiutate dai dialoghi e dalle attività avvenute durante i ritiri. Anche se molte lettere esprimevano una consapevolezza individuale, sono però convinto che in qualche modo queste esperienze filtrino anche all'interno della comunità nel suo insieme. Ho sempre pensato che, se lo lasciamo agire, Dio può fare dei grandi miracoli. Questo è il motivo per cui continuo a pregare affinché non mi faccia mai interferire con i suggerimenti dello Spirito Santo, che parla con un linguaggio che ciascuno può comprendere.
Nel suo recente ritiro a Dubai che situazione ha trovato rispetto ai rischi vissuti dai cristiani in Siria ed Egitto?
Io sono stato in molti Paesi del Medio Oriente in tempi diversi, ma ho visitato soprattutto quelli del Golfo: Bahrain, Emirati Arabi, Qatar, Kuwait e Oman. In tutti questi Paesi il cristianesimo è vivo e vibrante. Ci sono molte strutture gestite dalla Chiesa e in questi anni i governanti sono stati tolleranti nei confronti del cristianesimo. Anche se non ho notizie circa la situazione reale dei cristiani in Siria ed Egitto, è un fatto storico che ovunque la religione di Cristo è stata perseguitata è sempre fiorita. Gesù ha vissuto la sua vita in mezzo a persecuzioni e difficoltà e chi vive nella stessa condizione ha la possibilità di imitarLo.
Come si è svolto il suo ritiro a Dubai?
Il tema era "Ravvivare il fuoco" . Il fuoco è un simbolo potente e può significare molte cose. Può indicare lo Spirito Santo, spesso raffigurato come lingue di fuoco, oppure può rappresentare il fuoco di Gesù quando Egli ha scelto di iniziare la sua missione, come afferma il Vangelo di Luca: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra". Le fiamme possono rappresentare anche ciò che arde dentro al nostro cuore che deve essere sempre riacceso con la luce e il dono della fede. Il tema generale dell'Anno della Fede riguardava il ritorno alle nostre radici, invitandoci ad andare con fiducia e coraggio verso il futuro. Spero che questo ritiro possa essere stato un punto di partenza per un tale viaggio.
Qual è la situazione dei migranti a Dubai? Le famiglie riescono a vivere la loro fede?
Negli Emirati Arabi, diversi migranti hanno trovato un lavoro decente e stipendi tali da poter vivere una vita confortevole. Le famiglie sono grate ai governanti dei Paesi in cui risiedono per la loro buona volontà e per i benefici che hanno ricevuto. Purtroppo, ci sono molte persone che hanno difficoltà a sopravvivere, tuttavia restano perché sono consapevoli che la loro situazione è comunque migliore che in patria.