25/07/2016, 11.41
LIBANO
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Un patriarca alle frontiere

di Fady Noun

La visita del patriarca Rai a Qaa dimostra il senso di corresponsabilità delle Chiesa cristiane in Medio Oriente. La tentazione del carrierismo. L’incoerenza dei laici impegnati in politica.

Beirut (AsiaNews) – Ci si è chiesto in cosa la visita di solidarietà del patriarca maronita al villaggio greco-cattolico di Qaa nella Bekaa (nella foto), colpito da attentati suicidi che hanno provocato cinque vittime, la settimana scorsa, può fare la differenza; in cosa ha potuto sollevare il morale di questo villaggio di confine?

Diciamo prima di tutto che la visita illustra l’affermazione fatta dallo stesso patriarca Rai incontrando il ministro francese degli affari esteri, Jean-Marc Ayrault. Il capo della Chiesa maronita si considera responsabile, con gli altri patriarchi cattolici, di tutte le Chiese della regione medio-orientale e non solo della sua.

Così, a rischio di peccare di presunzione, come si riconosce che "senza i maroniti, il Libano non esisterebbe", così, storicamente, la visita del patriarca Rai mostra che il Libano è ormai più di mai, grazie ai maroniti, il Paese-testimonianza della presenza cristiana in Oriente;  il Paese senza il quale questa presenza perderebbe in maniera significativa il suo peso. La solidarietà e l'unità del destino della Chiese orientali è oggi non solo importante, ma di vitale importanza. Si tratta di una questione di vita o di morte.

Ma questo non è solo una vocazione qualunque che la Chiesa maronita si assume in Oriente. E 'quella di Pietro, quella che Cristo ha affidato direttamente al Principe degli Apostoli, dopo il suo triplice rinnegamento: "e quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli". Si trattava, allora, non solo di  rafforzarli nella loro fede, che stava per essere scossa dallo scandalo della croce, ma anche per esortarli a realizzare al prezzo stesso della loro vita, il progetto di società che Dio esprimeva "nella pienezza dei tempi", fondando la Chiesa.

Ciò che la visita del patriarca Rai a Qaa sottolinea in primo luogo è dunque la responsabilità della Chiesa maronita nella sopravvivenza storica dei cristiani in Medio Oriente, se necessario, con il martirio. Ma, come corollario, questa visita sottolinea anche la sua responsabilità nella loro sopravvivenza spirituale, minati come sono dal carrierismo, come la recente crisi della Chiesa greco-cattolica dimostra.

Si ricorda, effettivamente, che a giugno 12 vescovi su 22 hanno rifiutato di rispondere alla convocazione del loro patriarca alla tenuta di un sinodo, mentre uno di loro è arrivato a chiedere, in una intervista televisiva, il suo ritiro. Cosa mai vista in termini di carrierismo ecclesiastico. Del resto, senza andare a questo estremo, il carrierismo, tentazione mondana per eccellenza, non risparmia nessuna delle Chiese orientali cattoliche, compresa la Chiesa maronita.

D’altro canto, non è solo di carrierismo che soffrono le Chiese orientali, ma anche di tepidezza. In quale altro modo spiegare, ad esempio, il fatto che la Chiesa maronita non ha che uno o due eremiti e li mostra con soddisfazione come esempio, invece di nascondere il viso per la vergogna e il rammarico perché sono così pochi? Che si vada dunque a Nostra Signora di Kannoubine nel Kadisha, ad ascoltare la voce della tradizione maronita! Temiamo di appartenere a una Chiesa che non è più contemplativa, che non è più tesa verso il ritorno di Cristo, e che rischia di sostituire il culto dell’efficienza e della competenza, all’amore e alla santità.

Il Vangelo mette in guardia contro il "cattivo lievito" che può  rovinare "tutta la pasta", vale a dire tutta la società. Senza voler lanciare pietre solo contro i maroniti, denunciamo anche l'incoerenza dei laici di questa Chiesa impegnati nell'azione politica. E dallo sgretolamento della pasta, dalla sua durezza che giudichiamo quello che deve essere il lievito che l’ha fatta crescere tanto male che più di due anni dopo la fine di un mandato presidenziale, siamo ancora senza un presidente.

 

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