Un inno all’India divide musulmani e indù
Mumbai (AsiaNews) - Vande Mataram un inno scritto nel 1870 dal poeta bengalese Bankim Chandra Chattopadhyay, è sempre stato, ed ancora è, motivo di divisione tra indù e musulmani in India.
L’ultimo capitolo della secolare controversia è stato scritto la scorsa settimana con una risoluzione passata durante una conferenza contro il terrorismo da Dar Ul Uloom Deoband in cui si definisce il canto di Vande Mataram “non-islamico”. Nell’inno c’è un verso che invita ad “inchinarsi alla Madre-patria”; poiché gli indù considerano la Madre-patria come una divinità, alcuni musulmani considerano questa una idolatria.
Ma non tutti i musulmani la pensano così. Il musulmano riformista Aghar Ali Engineer ha detto: “Siccome ognuno si propone come musulmano migliore degli altri, si sono dimenticati della gloriosa tradizione di partecipazione al movimento di liberazione della Jamiat, quando Vande Mataram era parte inseparabile del movimento. Questa risoluzione ha eclissato il vero scopo della conferenza, che era di condannare il terrorismo”. In effetti, delle 15 risoluzioni passate alla conferenza della Jamiat-e-Ulama-I-Hind contro il terrorismo, i media hanno riportato solo quella sull’inno.
Il canto del Vande Mataram è sempre stato associato al movimento per l’indipendenza a partire dal 1906, quando fu usato come canto e slogan contro la divisione del Bengala fatta dai britannici. Ma subito nel 1908 la Muslim League cominciò a criticarlo.
Nel 1939 il Mahatma Gandhi scrisse nel suo periodico, Harijan: “Se durante una riunione mista qualsiasi persona obiettasse al canto di Vande Mataram , bisognerà omettere di cantarlo”. Ma gli ultranazionalisti dello Shiv Sena e della Sangh Parivar hanno fatto diventare questo canto un motivo di scontro con i musulmani. Membri del Bajrang Dal e della Vishwa Hindu Parishad hanno subito protestato contro la risoluzione del congresso con slogan come: “Se vuoi vivere in questo paese devi cantare Vande Mataram”.
Vande Mataram non è l’inno ufficiale nazionale, ma nel 1950, l’allora presidente dell’India, Rajendra Prasad, proclamò Jana Gana Mana inno (anthem) nazionale e Vande Mataram canto (song) nazionale.
Asghar Ali Engineer fa notare come anche nella tradizione musulmana gli imperatori Mughal richiedevano ai sudditi d’inchinarsi davanti a loro come segno di rispetto, “quindi perché non possiamo inchinarci davanti alla Madrepatria?” Il poeta Allama Iqbal ha scritto: “Ogni granello della Madrepatria è Dio per me”. In India c’è una grande varietà di credenze islamiche: “I Deobandi considerano peccato (haraam) perfino cantare salaams alla gloria del profeta Maometto, ma molti musulmani indiani no” dice Engineer, “i Deobandi non possono imporre il loro islam a tutti i musulmani indiani”.
Ogni tanto si legge nei giornali che gli studenti di qualche scuola sono costretti a cantare Vande Mataram ed alcuni genitori si oppongono. Alcuni anni fa nelle sale cinematografiche era obbligatorio fermarsi in piedi dopo la proiezione per ascoltare l’inno nazionale, ma poi la regola è stata tolta. “Se sono obbligato, dice Engineer, non lo canterò mai per dimostrare il mio patriottismo.
Ugualmente se una fatwa me lo proibisce, mi metterò a cantare per dimostrare la mia libertà di scelta.”
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