UE : l'embargo sulle armi alla Cina deve continuare
Strasburgo (AsiaNews/Agenzie) Sempre più fermo il no dell'Unione europea alla vendita di armi alla Cina. In una risoluzione sulla politica estera e della sicurezza comune dell'Ue, approvata ieri, il Parlamento europeo chiede all'Ue di non revocare l'embargo sulla vendita di armi alla Cina, prima che questa non compia passi concreti sulle questioni diritti umani e Taiwan.
Al punto 32 della risoluzione, passata con 431 voti favorevoli, 85 contrari e 31 astenuti, l'Europarlamento "deplora che le relazioni con la Cina abbiano registrato progressi soltanto in ambito commerciale ed economico, senza alcuno sviluppo di rilievo per quanto riguarda i diritti dell'uomo e la democrazia". Per questo gli eurodeputati invitano il Consiglio a "non revocare l'embargo sulla vendita di armi e a individuare soluzioni per agevolare il dialogo, allentare la tensione e incoraggiare il disarmo tra le due sponde dello Stretto".
L'embargo è stato imposto dall'UE alla Cina dopo la brutale soppressione delle proteste per la democrazia di piazza Tiananmen, nel giugno 1989. Diversi paesi fra cui Germania, Francia, Italia premono da tempo per la fine dell'embargo. Forti le pressioni dagli Stati Uniti perché il provvedimento rimanga in atto. Il Congresso Usa ha minacciato l'Ue che se procederà con la cancellazione dell'embargo, diminuirà gli scambi di tecnologie con le industrie di armamenti europee.
Altra condizione preliminare ad un'eventuale rimozione dell'embargo è la stesura di "un codice vincolante dell'Unione a disciplina delle esportazioni di armi verso la potenza asiatica".
Al punto 33, inoltre, l'Assemblea di Strasburgo "esprime profonda preoccupazione per l'ingente numero di missili nella Cina meridionale puntati contro lo Stretto di Taiwan e per la cosiddetta 'legge anti-secessione' della Repubblica popolare cinese, che aggrava senza alcuna ragione la situazione nello Stretto". La risoluzione invita poi "la Repubblica popolare cinese e la Repubblica di Cina (Taiwan) a ripristinare il dialogo politico sulla base di una comprensione e di un riconoscimento reciproci, per promuovere la stabilità, la democrazia, i diritti dell'uomo e lo stato di diritto in Asia orientale".