Turchia, otto morti e decine di feriti in un doppio attacco dei curdi del Pkk
Obiettivo degli attentati, veicoli della polizia e postazioni della sicurezza turca. Un’esplosione a Kiziltepe ha ucciso tre persone e ferite 25; un’autobomba a Diyarbakir ha colpito a morte cinque civili, feriti altri 12. Il leader dei miliziani del Pkk parla di un “nuovo stile di guerra” lanciato contro Ankara.
Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - È di almeno otto morti e diversi feriti il bilancio di due attacchi bomba sferrati dai ribelli del Pkk (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) contro veicoli della polizia turca, avvenuti ieri nel sud-est del Paese a maggioranza curda. Secondo quanto riferiscono le autorità di Ankara, almeno tre persone sono morte e 25 ferite in un’esplosione nella cittadina di Kiziltepe. A Diyarbakir un’autobomba ha ucciso cinque civili, ferendone altri 12.
Gli scontri fra forze di sicurezza turche e milizie ribelli vicine al Pkk sono ripresi lo scorso anno (luglio 2015), mettendo fine a un cessate il fuoco in vigore da tempo. Il nuovo focolaio di tensione ha causato la peggior ondata di violenze nella regione degli ultimi 20 anni.
Gli attacchi degli ultimi giorni giungono in concomitanza con un rinnovamento dei vertici militari, in seguito al tentativo di colpo di Stato della notte fra il 15 e il 16 luglio lanciato da una parte dell’esercito.
L’autobomba a Diyarbakir ha investito un punto di controllo situato nei pressi di un ponte sul fiume Tigri. A Kiziltepe gli ordigni sono stati fatti esplodere grazie a un controllo a distanza nelle vicinanze di un ospedale.
In precedenza, nella provincia di frontiera di Sirnak almeno quattro soldati turchi sono morti e nove hanno riportato ferite nel corso di un attacco - con mortai e armi a lunga gittata - sferrato dai miliziani del Pkk oltreconfine in Iraq. In una recente intervista il leader dei miliziani curdi Cemil Bayik ha parlato di un “nuovo stile di guerra” lanciato contro la Turchia.
Il Pkk, partito dichiarato fuorilegge in Turchia e il cui leader Abdullah Öcalan è in carcere dal 1999 [la pena di morte è stata commutata in ergastolo nel 2002], ha lanciato una lotta armata contro Ankara nel 1984, denunciando abusi diffusi e discriminazioni contro la minoranza curda. Dalla fine del cessate il fuoco, entrato in vigore nel marzo 2013, le operazioni militari turche e la rappresaglia curda hanno causato centinaia di vittime.
Secondo il governo turco vi sarebbe proprio la mano del Pkk (e di gruppi affiliati) in una serie di attentati che hanno insanguinato il Paese.
Le violenze hanno inoltre spinto molti abitanti dell’area a fuggire per evitare di essere coinvolti nei combattimenti, che hanno riguardato campagne e centri urbani. Uno degli obiettivi delle operazioni militari dell’esercito turco è proprio quello di cacciare i combattenti dai centri urbani.
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