"Troppi ostacoli", Mosca rinuncia al South Stream
Mosca (AsiaNews) - Dopo otto anni di negoziati e quasi 10 miliardi di dollari già spesi, la Russia rinuncia a uno dei progetti più ambiziosi e costosi della sua storia: il gasdotto South Stream di Gazprom, che avrebbe dovuto portare gas russo all'Europa (Grecia, Bulgaria, Serbia, Ungheria, Austria e Italia), aggirando l'Ucraina.
La posizione dell'Unione Europea sul South Stream "non è costruttiva" e la Russia potrebbe decidere di "riorientare le forniture di gas", ha annunciato il 1 dicembre il capo del Cremlino Vladimir Putin in Turchia, in una conferenza stampa congiunta con il presidente Recep Tayyp Erdogan, che ha di fatto indicato come nuovo partner, dopo la Cina, nella più ampia ricerca di alleati "alternativi" all'Europa.
Mosca ha subito annunciato un aumento delle forniture ad Ankara, pari a 3 miliardi di metri cubici, attraverso il gasdotto Blue Stream, con uno sconto del 6% a partire dal 2015. Regalo, secondo molti, offerto come ringraziamento a Erdogan per non aver aderito alle sanzioni anti-russe. Ha, inoltre, anticipato l'intenzione di sviluppare un nuovo gasdotto lungo il confine greco-turco, destinato ai soli "consumatori del sud Europa"; manovra che lascerebbe fuori dagli approvvigionamenti i Paesi centrali del Vecchio Continente.
La decisione russa è un "classico caso del barattare l'accesso energetico con la cooperazione politica ed economia", fa notare Chris Weafer, un partner della società di consulenza con sede moscovita Macro Advisory, citato da Bloomberg. "Putin spera ovviamente che l'espansione delle relazioni con la Turchia compenserà, in qualche modo, le difficoltà nei rapporti commerciali con l'Ue", aggiunge l'esperto.
Lo stop a South Stream garantisce che i gasdotti attraverso l'Ucraina rimangano ancora di importanza vitale per il rifornimento energetico verso l'Europa, assicurando a Kiev il mantenimento di una leva sul Cremlino. In nome della "diversificazione delle fonti", Bruxelles ha scoraggiato in tutti i modi la maxi pipeline - che avrebbe rafforzato la dipendenza energetica da Mosca, violando anche la normativa anti-trust, a detta dei suo detrattori - e ha chiesto agli Stati membri di interrompere i lavori di costruzione di parti del gasdotto. L'atteggiamento della Bulgaria, che non ha ancora dato il via libera al passaggio del metanodotto sul territorio nazionale, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. "Tenendo conto del fatto che finora noi non abbiamo ricevuto autorizzazioni da Sofia, crediamo che nelle condizioni attuali la Russia non possa continuare con la realizzazione del progetto", ha detto il presidente russo, spiegando che i lavori per il tratto sotto il Mar Nero non servirebbero a nulla, se poi ci si dovesse fermare in Bulgaria.
Inoltre, il consorzio guidato da Gazprom (con l'italiana Eni, la francese Edf e il gruppo Wintershall), per il tratto offshore della pipeline (costo stimato in 14 miliardi di dollari) ha riscontrato non poche difficoltà per trovare finanziamenti ai lavori, a causa delle sanzioni occidentali che hanno generato cautela e timori nelle banche europee nei confronti di crediti a entità russe.
Il numero uno di Gazprom, Alexei Miller, ha spiegato che il colosso russo costruirà un nuovo oleodotto in Turchia, con una capacità di 63 miliardi di metri cubi, di cui 14 miliardi di metri cubi per sostituire il transito attraverso l'Ucraina. Il nuovo tubo - ha spiegato Miller - permetterebbe di trasportare circa 50 miliardi di metri cubi al confine con la Grecia. Gazprom creerà un nuovo organismo giuridico in Russia per il gasdotto in Turchia. Ma per gli analisti non ci sarà nessuna nuova pipeline verso l'Europa. Secondo Mikhail Korchemkin, ex analista del ministero del gas durante l'Urss e mettere fine al South Stream eviterà a Gazprom spese inutili perché già c'è capacità di fornitura sufficiente verso l'Ue. A suo dire, l'unica possibilità di investimenti sarebbe il potenziamento di Blue Stream.