Tripoli: bambini senza vaccini, sanità nel caos
Medicinali bloccati dalle sanzioni Onu contro il regime. Per mesi gli ospedali non hanno potuto acquistare medicine per curare feriti e malati. Croce rossa e Medici senza frontiere, unici autorizzati ad operare sul campo, troppo disorganizzati per gestire la situazione.
Tripoli (AsiaNews) – “Per colpa dell’embargo Onu, le principali città della Libia si trovano senza medicinali. Negli ospedali manca tutto, soprattutto i vaccini per i bambini e i prodotti medicali, come guanti e strumenti chirurgici”. È quanto afferma ad AsiaNews Tiziana Gamannossi, imprenditrice italiana a Tripoli, che sottolinea la grave crisi umanitaria che sta vivendo la popolazione libica.
Scattate a marzo con l’inizio dell’operazione Nato “in difesa dei civili”, le sanzioni Onu hanno impedito al regime l’acquisto di qualsiasi tipo di medicinali oltre al blocco dei beni di prima necessità. “Per mesi gli ospedali hanno inviato gli ordini alle case farmaceutiche, implorando l’invio di materiale per curare feriti e malati – afferma la donna – tutte le richieste sono state rispedite al mittente per via dell’embargo”.
La Gamannossi spiega che durante la guerra solo Croce rossa e Medici senza frontiere erano autorizzati a importare materiale sanitario nelle aree controllate da Gheddafi. “Gli operatori della Croce rossa si danno da fare – spiega - ma sono pochi e devono coprire aree vastissime. A tutt’oggi Medici senza frontiere è bloccata, ha solo un operatore sul campo che da mesi attende altri collaboratori, bloccati al confine con la Tunisia”.
Con l’arrivo dei ribelli a Tripoli la situazione non è cambiata. L’imprenditrice dice che a tutt’oggi il Cnt non ha designato alcun responsabile per gestire la crisi umanitaria. I pochi rappresentanti nominati servono soprattutto per comparire nelle conferenze stampa, non hanno il potere e la possibilità di agire. Nella capitale i giovani ribelli hanno costituito dei comitati per organizzare la distribuzione dei viveri e altre esigenze, ma non hanno idea di come affrontare la crisi sanitaria, che peggiora di giorno in giorno.
“Le medicine – afferma la donna – come vaccini e antibiotici devono essere conservate al fresco, ma qui siamo nel deserto e i frigoriferi non funzionano per la mancanza di energia”. La Gamannossi spiega che i responsabili dei comitati si sono rivolti a lei e ad altri privati, per risolvere la situazione: “Ho proposto di accogliere i container nel magazzino della mia azienda, che ora è vuoto, per poi distribuirli agli ospedali, ma è molto complicato, non si sa a chi rivolgersi e nessun governo straniero si interessa a questa crisi”.
Ad accrescere le difficoltà, l’imprenditrice afferma che da mesi nelle case mancano il gas per cucinare e l’elettricità. “In molti casi la gente è stata costretta a ricorrere al carbone. Famiglie con sei sette figli hanno dovuto fare dei falò nei propri appartamenti. Nelle case ci sono black-out continui di energia elettrica. Gli impianti funzionano a gasolio, ma sono bloccati per la penuria di carburante e le complicate procedure di riattivazione delle centrali”. (S.C.)
Scattate a marzo con l’inizio dell’operazione Nato “in difesa dei civili”, le sanzioni Onu hanno impedito al regime l’acquisto di qualsiasi tipo di medicinali oltre al blocco dei beni di prima necessità. “Per mesi gli ospedali hanno inviato gli ordini alle case farmaceutiche, implorando l’invio di materiale per curare feriti e malati – afferma la donna – tutte le richieste sono state rispedite al mittente per via dell’embargo”.
La Gamannossi spiega che durante la guerra solo Croce rossa e Medici senza frontiere erano autorizzati a importare materiale sanitario nelle aree controllate da Gheddafi. “Gli operatori della Croce rossa si danno da fare – spiega - ma sono pochi e devono coprire aree vastissime. A tutt’oggi Medici senza frontiere è bloccata, ha solo un operatore sul campo che da mesi attende altri collaboratori, bloccati al confine con la Tunisia”.
Con l’arrivo dei ribelli a Tripoli la situazione non è cambiata. L’imprenditrice dice che a tutt’oggi il Cnt non ha designato alcun responsabile per gestire la crisi umanitaria. I pochi rappresentanti nominati servono soprattutto per comparire nelle conferenze stampa, non hanno il potere e la possibilità di agire. Nella capitale i giovani ribelli hanno costituito dei comitati per organizzare la distribuzione dei viveri e altre esigenze, ma non hanno idea di come affrontare la crisi sanitaria, che peggiora di giorno in giorno.
“Le medicine – afferma la donna – come vaccini e antibiotici devono essere conservate al fresco, ma qui siamo nel deserto e i frigoriferi non funzionano per la mancanza di energia”. La Gamannossi spiega che i responsabili dei comitati si sono rivolti a lei e ad altri privati, per risolvere la situazione: “Ho proposto di accogliere i container nel magazzino della mia azienda, che ora è vuoto, per poi distribuirli agli ospedali, ma è molto complicato, non si sa a chi rivolgersi e nessun governo straniero si interessa a questa crisi”.
Ad accrescere le difficoltà, l’imprenditrice afferma che da mesi nelle case mancano il gas per cucinare e l’elettricità. “In molti casi la gente è stata costretta a ricorrere al carbone. Famiglie con sei sette figli hanno dovuto fare dei falò nei propri appartamenti. Nelle case ci sono black-out continui di energia elettrica. Gli impianti funzionano a gasolio, ma sono bloccati per la penuria di carburante e le complicate procedure di riattivazione delle centrali”. (S.C.)
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