Tra un mese il primo censimento del dopo Saddam, ma è già tensione
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) – Il primo censimento generale in Iraq dal 1997, che è anche il primo del post-Saddam, sta diventando nuovo terreno di scontro tra fazioni e gruppi etnici. Le autorità assicurano che la conta della popolazione irachena si terrà a partire dalla data stabilita del 24 ottobre, ma sono già in molti a chiedere un rinvio pena il boicottaggio delle operazioni. Il rischio è quello di una strumentalizzazione politica del censimento, che in un Paese da sette mesi in attesa di un nuovo governo potrebbe mettere in crisi equilibri già precari.
Le province di Ninive, Kirkuk e al Anbar si sono schierate contro le operazioni di conta, incuranti della fermezza del premier uscente Nuri al Maliki che ha assicurato il rispetto della data del 24 ottobre in tutte e 18 le province irachene. A Ninive - la provincia settentrionale con capoluogo Mosul abitata da arabi, curdi e altre minoranze - il consiglio provinciale ha deciso il rinvio del censimento. Per il governatore Athil al Nujaifi, arabo nazionalista, precondizione necessaria è che gli uomini della milizia curda peshmerga (miliziani kurdi) lascino le zone che occupano di fatto da tempo e i presidi alle sedi dei due maggiori partiti curdi: il Partito democratico del Kurdistan (Kdp) e l’Unione Patriottica del Kurdistan (Puk). Peshmerga e partiti curdi, sostiene al Nujaifi, lavorano per influenzare a loro favore la situazione nella provincia. Qui si trovano zone abitate da curdi e che il governo regionale del Kurdistan vorrebbe annettere, strappandole al governo centrale. Un esempio è quello della piana di Ninive, dove si concentra la comunità cristiana, e su cui i curdi hanno da tempo messo gli occhi. Secondo le autorità arabe a Ninive, Kdp e Puk starebbero facendo affluire kurdi da altre zone dell’Iraq perché si registrino negli elenchi di Ninive.
I curdi rispondono rivendicando la loro appartenenza storica a Ninive e sottolineando che il censimento è un obbligo costituzionale che riguarda tutto l’Iraq non una sola provincia. Puntano poi il dito contro chi chiede il boicottaggio ricordando che fu il regime ba’athista di Saddam ad “arabizzare” con la forza una gran parte della popolazione non araba del nord Iraq.
Situazione ancora più delicata a Kirkuk, dove arabi e turcomanni invitano direttamente al boicottaggio. La provincia, ricca di petrolio e multietnica, è da sempre contesa tra arabi, turcomanni e curdi. Il censimento rappresenta un passo fondamentale nell’ottica curda per arrivare alla desidera annessione. La conta della popolazione infatti è prevista dall’Articolo 140 della Costituzione, come preludio al referendum che dovrà decidere lo status di Kirkuk: cioè se la città sarà annessa al Kurdistan o farà parte di una provincia sotto l’amministrazione del governo di Baghdad. Gli interessi in gioco, però, sono alti e così da quattro anni il voto popolare viene continuamente rimandato. Il problema è legato alle risorse energetiche. Kirkuk si sviluppa sul secondo giacimento petrolifero dell’Iraq e possiede il 70% dei depositi di gas naturale della nazione. Il rischio è che se il referendum affidasse ai curdi l’amministrazione della città, questi disporrebbero di una risorsa vitale e sufficiente a garantire una loro eventuale indipendenza dal resto del Paese.
A Ninive e Kirkuk si unisce ora anche la provincia occidentale di Anbar, abitata da arabi sunniti. Il consiglio provinciale ha votato la scorsa settimana per rimandare il censimento fino alla formazione di un nuovo governo che ne supervisioni lo svolgimento.