Tra Putin e il Patriarcato non è più idillio. Almeno in apparenza.
di Nina Achmatova
Il premier e candidato alle presidenziali pare aver preso le distanze dalla Chiesa, la quale porge la mano al movimento di protesta anti-governativo. Esperti: “Si tratta solo di una strategia, la gerarchia ecclesiastica non può fare a meno del sostegno del potere”
Mosca (AsiaNews) – Nella sua campagna elettorale per conquistare un terzo mandato al Cremlino, Vladimir Putin non punta più né sul suo partito Russia Unita, né sulla Chiesa russo-ortodossa. Dopo la deludente performance della formazione di governo, che nelle legislative del 4 dicembre si è fermata sotto il 50% tra accuse di brogli e manipolazioni, il premier si è completamente distanziato dal partito.
Questo non gli ha impedito di diventare bersaglio del vasto movimento di protesta che a Mosca ha organizzato le più grandi manifestazioni anti-governative degli ultimi 15 anni. Sono riapparse anche le frizioni con il presidente Dmitri Medvedev, con cui in tandem ha guidato il Paese negli ultimi quattro anni, ma costretto a farsi da parte a settembre per lasciare a lui la poltrona più alta di Russia con la promessa di ricoprire eventualmente il premierato.
Su siti online legati alla comunità russa-ortodossa, analisti e semplici lettori hanno iniziato a mettere in evidenzia anche l’apparente distanza del primo ministro dal Patriarcato di Mosca. Quest’ultimo, da quando a dicembre sono iniziate le manifestazioni anti-Putin, si è schierato a fianco della popolazione, invitando il governo al dialogo con la piazza e al cambiamento. Dal canto suo, negli ultimi interventi pubblici in cui ha parlato del suo programma elettorale, il premier e candidato alla presidenza non ha mai fatto esplicito riferimento alla fede ortodossa, come invece usava fare in passato invocandola come possibile collante per tenere unita la multietnica Russia.
Altro segnale che ha messo in allarme gli osservatori è stata la mancanza – per la prima volta in 20 anni - di figure istituzionali di rilievo all’inaugurazione, lo scorso 23 gennaio, delle tradizionali “Letture natalizie”, appuntamento che chiama a raccolta a Mosca tutto il mondo ortodosso che rientra sotto la giurisdizione del Patriarcato per una serie di incontri e conferenze su temi legati alla Chiesa e alla società.
“Putin non scommette più su Russia Unita e neppure sul Patriarcato”, ha ammesso al quotidiano Izvestja Stanislav Govorukhin, regista e responsabile della campagna elettorale del premier. Alla luce di questo, Alexandr Lapin - capo della organizzazione ortodossa ‘Consiglio del popolo’ a Mosca - ha suggerito al Patriarca Kirill di iniziare a giocare il suo ruolo nella società russa “in modo indipendente”.
Per Alexei Malashenko, analista del Carnegie Center di Mosca ed esperto di religioni e società, invece, “Putin non ha preso alcuna distanza dalla Chiesa”. Autore del libro ‘La Chiesa russo-ortodossa sotto il nuovo Patriarca’, Malshenko ha spiegato ad AsiaNews che il Patriarcato “continuerà ad appoggiare Putin, ma solo in maniera meno diretta”.
“La Chiesa – ha dichiarato – ha interesse a dissociarsi dal regime e da Russia Unita, vista ormai come un covo di corruzione, ma continua a sostenere Putin come uomo, come leader nazionale che vuole migliorare il Paese, ma che incontra molti ostacoli”. Si tratta di una visione ben radicata nella mentalità russa, ha aggiunto lo studioso: “Lo zar è sempre buono, ma è il suo entourage (la nobiltà) che è cattivo”. “La Chiesa vuole dimostrare ai fedeli che è al di sopra delle parti, ma l’alta gerarchia ecclesiastica è saldamente con Putin – ha sottolineato Malashenko – la realizzazione dei progetti di ampio respiro voluti da Kirill, come l’impulso alla missione e la più attiva partecipazione alla vita sociale, non sono possibile senza una cooperazione tra Stato e Chiesa, mentre le autorità hanno ancora interesse a essere legittimate dall’appoggio del Patriarcato”.
Questo non gli ha impedito di diventare bersaglio del vasto movimento di protesta che a Mosca ha organizzato le più grandi manifestazioni anti-governative degli ultimi 15 anni. Sono riapparse anche le frizioni con il presidente Dmitri Medvedev, con cui in tandem ha guidato il Paese negli ultimi quattro anni, ma costretto a farsi da parte a settembre per lasciare a lui la poltrona più alta di Russia con la promessa di ricoprire eventualmente il premierato.
Su siti online legati alla comunità russa-ortodossa, analisti e semplici lettori hanno iniziato a mettere in evidenzia anche l’apparente distanza del primo ministro dal Patriarcato di Mosca. Quest’ultimo, da quando a dicembre sono iniziate le manifestazioni anti-Putin, si è schierato a fianco della popolazione, invitando il governo al dialogo con la piazza e al cambiamento. Dal canto suo, negli ultimi interventi pubblici in cui ha parlato del suo programma elettorale, il premier e candidato alla presidenza non ha mai fatto esplicito riferimento alla fede ortodossa, come invece usava fare in passato invocandola come possibile collante per tenere unita la multietnica Russia.
Altro segnale che ha messo in allarme gli osservatori è stata la mancanza – per la prima volta in 20 anni - di figure istituzionali di rilievo all’inaugurazione, lo scorso 23 gennaio, delle tradizionali “Letture natalizie”, appuntamento che chiama a raccolta a Mosca tutto il mondo ortodosso che rientra sotto la giurisdizione del Patriarcato per una serie di incontri e conferenze su temi legati alla Chiesa e alla società.
“Putin non scommette più su Russia Unita e neppure sul Patriarcato”, ha ammesso al quotidiano Izvestja Stanislav Govorukhin, regista e responsabile della campagna elettorale del premier. Alla luce di questo, Alexandr Lapin - capo della organizzazione ortodossa ‘Consiglio del popolo’ a Mosca - ha suggerito al Patriarca Kirill di iniziare a giocare il suo ruolo nella società russa “in modo indipendente”.
Per Alexei Malashenko, analista del Carnegie Center di Mosca ed esperto di religioni e società, invece, “Putin non ha preso alcuna distanza dalla Chiesa”. Autore del libro ‘La Chiesa russo-ortodossa sotto il nuovo Patriarca’, Malshenko ha spiegato ad AsiaNews che il Patriarcato “continuerà ad appoggiare Putin, ma solo in maniera meno diretta”.
“La Chiesa – ha dichiarato – ha interesse a dissociarsi dal regime e da Russia Unita, vista ormai come un covo di corruzione, ma continua a sostenere Putin come uomo, come leader nazionale che vuole migliorare il Paese, ma che incontra molti ostacoli”. Si tratta di una visione ben radicata nella mentalità russa, ha aggiunto lo studioso: “Lo zar è sempre buono, ma è il suo entourage (la nobiltà) che è cattivo”. “La Chiesa vuole dimostrare ai fedeli che è al di sopra delle parti, ma l’alta gerarchia ecclesiastica è saldamente con Putin – ha sottolineato Malashenko – la realizzazione dei progetti di ampio respiro voluti da Kirill, come l’impulso alla missione e la più attiva partecipazione alla vita sociale, non sono possibile senza una cooperazione tra Stato e Chiesa, mentre le autorità hanno ancora interesse a essere legittimate dall’appoggio del Patriarcato”.
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