04/01/2022, 10.41
MYANMAR
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Torture sistematiche contro gli oppositori della giunta birmana

Raccolte le testimonianze dei prigionieri rilasciati a ottobre per un'amnistia generale. Durante gli interrogatori, lunghi giorni o settimane, i soldati non fanno domande per ottenere informazioni, ma infliggono atroci violenze ai civili.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Dal colpo di Stato del primo febbraio 2021, la giunta militare del Myanmar ha fatto ampio uso della tortura contro i detenuti politici. Il sito indipendente Myanmar Now ha raccolto le testimonianze dei prigionieri rilasciati nei mesi scorsi dopo l’amnistia generale concessa a ottobre dal generale golpista Min Aung Hlaing. L’autoproclamato primo ministro aveva ordinato il rilascio di circa 2mila prigionieri politici nel tentativo (poi fallito) di impedire l’esclusione del Myanmar dal vertice Asean dello scorso autunno.

Le violenze iniziano durante gli interrogatori, che possono durare diversi giorni o settimane. Dalle testimonianze è emerso che i militari non erano tanto interessati a estorcere informazioni quanto a infliggere atrocità fini a se stesse.

Un uomo di 38 anni che ha raccontato la propria storia usando lo pseudonimo “P2”, ha detto che per 20 giorni, tre ore a notte veniva torturato dai soldati del regime in una piccola stanza: “Definirla una stanza dell’inferno sarebbe un eufemismo”. Il corpo di P2 non aveva il tempo di riprendersi tra una violenza e l’altra: “Mentre mi frustavano, colpivano con i manganelli o spegnevano addosso le sigarette accese, erano impegnati a preparare i cavi elettrici per fulminarmi”. I suoi aguzzini non gli facevano mai domande, ma per evitare che svenisse e tenerlo sveglio gli puntavano negli occhi una luce. Prima del rilascio P2 ha passato 5 mesi nella prigione di Insen e ora si sta addestrando per combattere con le milizie anti-golpe.

Quando invece l’esercito non ha trovato un esponente della Lega nazionale per la democrazia - il partito dell’ex leader del governo civile Aung San Suu Kyi - ha prelavato e torturato il figlio ventenne. L’ex politico si è costituito sperando di ottenere la liberazione del figlio, che però non è avvenuta: “Lo hanno pugnalato alla fronte con le forbici. Gli hanno fatto mettere tre dita su un gradino e gliele hanno fracassate con il calcio di un fucile”, ha raccontato il padre. “Lo hanno anche picchiato con le mani legate dietro la schiena. Lo hanno fatto nella stanza accanto alla mia in modo che potessi sentirlo". Padre e figlio sono stati seviziati all'interno di un centro per gli interrogatori a Meiktila, vicino a Mandalay. 

“Lo chiamano interrogatorio, ma non ci è stato nemmeno permesso di parlare. Sono stati solo un pestaggio dopo l'altro mentre ero ammanettata con le mani dietro la schiena", ha detto Saw Han Nway Oo, una donna trans di 24 anni arrestata a settembre. “Per lo più mi picchiavano alle gambe, a turno. Mi hanno anche attorcigliato la punta delle unghie usando delle pinze". In un secondo momento è stata mandata alla stazione di polizia di Mandalay, dove è stata torturata dagli stessi agenti. “Mi hanno tagliato la pelle con i coltelli, due volte sulla nuca e due volte sullo stomaco. Le ferite non erano molto profonde, ma abbastanza profonde da tagliarmi le vene. È stato davvero doloroso", ha spiegato.

Secondo i dati raccolti dall’Assistance Association for Political Prisoners, finora oltre 11mila civili sono stati arrestati e quasi 1.400 uccisi dall’esercito. Migliaia di persone restano in carcere senza aver affrontato un processo.

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