Torna il Gulag: si useranno detenuti per lavori pesanti in Siberia e nell’Artico
Entro giugno, 600 detenuti stenderanno i binari della ferrovia tra il lago Bajkal e il fiume Amur. L’uso dei detenuti è apparso necessario dopo il crollo delle migrazioni di lavoratori stagionali kirghisi e tagiki. Saranno necessari almeno 15mila operai. Intanto si discute sul progetto di “ripulitura ecologica” del Circolo polare artico. Membri del partito di Putin denunciano un possibile ritorno al sistema staliniano.
Mosca (AsiaNews) - A partire dal prossimo mese di giugno, un gruppo di circa 600 detenuti dei lager verrà utilizzato per stendere i binari della tratta tra il lago Bajkal e il fiume Amur in Siberia. L’invio del primo contingente di “lavoratori forzati” al servizio delle ferrovie statali RŽD, è stato deciso ieri.
L’utilizzo di detenuti per le opere pubbliche, ove sono necessari lavori particolarmente pesanti, è in discussione ormai da diversi mesi nel governo e a vari livelli dell’amministrazione. Ciò avviene a causa della grave diminuzione di lavoratori migranti dai Paesi centrasiatici, soprattutto kirghisi e tagiki, per le misure anti-Covid e la diffusa crisi economica, che rende la Russia meno attraente per i lavoratori stranieri stagionali.
I lavori in Siberia sono stati affidati alla compagnia semi-pubblica Promstroj, a cui verrà affidato il contingente con un contratto concesso dal centro correzionale federale FSIN sul lavoro di due gruppi, uno di 150 e uno di 430 persone per lavori generici, cementisti e addetti alle armature. La compagnia ha rifiutato di rilasciare commenti ai giornalisti. Il capo del FSIN, Aleksandr Kalašnikov, ha invece appoggiato pubblicamente l’iniziativa, affermando che “non sarà come il GULag del passato: saranno condizioni di lavoro assolutamente nuove e dignitose”.
Il GULag (Glavnoe Upravlenie Lagerej, “amministrazione generale dei campi di lavoro”) era il sistema staliniano di utilizzo della forza-lavoro dei detenuti. Tra i 20 e i 40 milioni di persone, hanno sostenuto per decenni l’industria, i lavori pubblici, e ancor più l’industria bellica durante la Seconda guerra mondiale. La grande opera staliniana più famosa fu il Belomorkanal, il canale tra il Mar Bianco e il Mar Baltico, inaugurato nel 1933. Ad esso lavorarono oltre 300 mila detenuti, molti dei quali persero la vita durante i lavori, a causa delle estreme condizioni climatiche.
Entro il 2030, le autorità russe progettano di ricostruire ben 146 obiettivi lungo la magistrale ferroviaria Bajkal-Amur, tra cui lunghe tratte di binari, stazioni, ponti ecc. Per tutti questi lavori saranno necessari almeno 15mila operai, che in parte saranno coperti dai dipendenti delle Ferrovie e dai soldati delle armate ferroviarie (una sezione già esistente dell’esercito russo), ma la parte principale dovrà essere integrata dai detenuti.
Anton Gorelkin, deputato della Duma di Stato, membro del partito putiniano “Russia Unita”, è intervenuto contro il progetto. Sui suoi canali social egli afferma di ritenerlo “un’idea pericolosa, che riporterebbe il nostro Paese al passato del GULag e dei lavori forzati, e farebbe venire la tentazione di mettere in carcere sempre più persone”. In effetti, il sistema staliniano prevedeva arresti “mirati” di massa per mantenere le quote dei detenuti-schiavi nelle opere pubbliche. Tale sistema è stato rivelato al mondo con l’opera “Arcipelago Gulag” di Alexandr Solzenicyn (foto 2 e 3).
l progetto pare non limitarsi alle ferrovie siberiane. Una proposta ancora in discussione prevede di inviare i detenuti a “ripulire” i territori dell’Artico, anche al di sopra del Circolo Polare, dai cumuli di rifiuti accatastati fin dai tempi sovietici.
Il governo russo ha intenzione di stanziare oltre 15 miliardi di rubli (circa 200 milioni di euro) per “lo sviluppo della zona Artica”, trasformando i suoi territori entro il 2024 per attrarre investitori e turisti, creare posti di lavoro e preparare le necessarie infrastrutture. Per tale progetto, la “ripulitura ecologica” dell’Artico appare assolutamente prioritaria (foto 4).
Una decina d’anni fa si è tentato invano di intervenire sui territori dell’estremo nord, che la Russia considera assolutamente strategici. Secondo varie stime, sulle rive dell’Oceano Glaciale Artico si trovano tra i 6 e i 12 milioni di grandi fusti per carburante, trasportati fin lassù ai tempi dell’Urss, oltre a circa 4 milioni di tonnellate di rifiuti industriali ed edilizi. Lungo le rive si trovano anche migliaia di navi abbandonate da proprietari non identificati. Il tutto richiede un’enorme mano d’opera non qualificata per la raccolta, il trasporto, la compressione dei rifiuti e altri lavori pesanti, tanto da far impallidire i numeri dei “lavoratori forzati” dei tempi di Stalin.
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