Tokyo: la morte di un padre che dal 1983 lottava per la figlia rapita da Pyongyang
È scomparso a 96 anni, Akihiro Arimoto, padre di Keiko, una delle 17 persone che secondo il governo giapponese furono prese in ostaggio da agenti nordcoreani tra il 1977 e il 1983. La sua morte lascia Sakie Yokota, madre di Megumi, rapita quando aveva 14 anni, come unico genitore superstite delle vittime.
Tokyo (AsiaNews/Agenzie) – Akihiro Arimoto, il padre di una donna giapponese rapita da agenti nordcoreani nel 1983, è morto all’età di 96 anni, dopo essersi per anni battuto per il ritorno della figlia. Keiko Arimoto, che all’epoca aveva 23 anni e studiava in Gran Bretagna, è una delle 17 persone che il governo giapponese ha ufficialmente riconosciuto come vittime di sequestri da parte della Corea del Nord tra il 1977 e il 1983.
Arimoto è deceduto sabato per cause naturali, ha confermato la sua famiglia nei giorni scorsi. La moglie, Kayoko, che aveva dedicato la propria vita alla stessa causa, era morta nel 2020 a 94 anni. La coppia era stata molto attiva nella lotta per il ritorno dei cittadini giapponesi rapiti, creando, tra le altre cose, anche un’associazione per le famiglie delle vittime nel 1997.
Nel corso degli anni, Akihiro Arimoto aveva incontrato diversi leader mondiali per sensibilizzare la comunità internazionale sul dramma dei rapiti giapponesi. Nel 2017 aveva parlato con Donald Trump e nel 2022 aveva avuto un incontro con Joe Biden.
La questione dei cittadini giapponesi sequestrati dalla Corea del Nord emerse ufficialmente nel 2002, quando il leader nordcoreano Kim Jong-il, durante un vertice con il primo ministro giapponese Junichiro Koizumi, per la prima volta confermò i rapimenti, ammettendo che gli ostaggi venivano utilizzati per addestrare spie a parlare il giapponese e infiltrarsi in Corea del Sud. In quell’occasione, cinque vittime furono rimpatriate in Giappone. Pyongyang dichiarò inoltre che otto giapponesi, tra cui Keiko, erano morti e quattro non erano mai entrati nel Paese. Arimoto aveva sempre rifiutato questa versione, sostenendo che sua figlia fosse ancora viva.
Con la scomparsa di Akihiro Arimoto, l’unico genitore superstite tra i familiari dei rapiti è Sakie Yokota, madre di Megumi Yokota, sequestrata nel 1977 all’età di 14 anni, che nei giorni scorsi ha promesso di "continuare a fare tutto il possibile finché sarò in vita". A gennaio, l’88enne aveva anche lanciato un appello al presidente statunitense Donald Trump chiedendogli di intervenire per riportare a casa sua figlia e le altre vittime.
Il primo ministro Shigeru Ishiba ha commentato la morte di Arimoto affermando in commissione parlamentare che si tratta di un avvenimento “veramente spiacevole” e aggiungendo che il governo “userà ogni mezzo disponibile per rimpatriare le vittime dei rapimenti il prima possibile”.
La questione ha generato una certa frustrazione nell’opinione pubblica giapponese: ad agosto dell’anno scorso, un’organizzazione civile aveva inviato in Corea del Nord con dei palloncini alcune chiavette USB contenenti un filmato sui rapimenti, nel tentativo di far arrivare l’informazione ai cittadini nordcoreani e mantenere alta la pressione sulla faccenda, una tattica spesso utilizzata anche da gruppi di dissidenti in Corea del Sud.
25/11/2019 11:25