29/01/2025, 13.04
GIAPPONE
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Tokyo, aumentano i suicidi tra i minori. P. Villa: 'Vittime della pressione sociale'

di Alessandra De Poli

Nonostante una diminuzione generale delle persone che si tolgono la vita, il dato è in crescita tra i minorenni giapponesi. Il missionario del Pime che gestisce un centro di ascolto per gli hikikomori, le persone che si ritirano dalla società: ragazzi e ragazze schiacciati dalla corsa ad eccellere e dalle discriminazioni del bullismo.

Tokyo (AsiaNews) - Nonostante un calo generale del tasso di suicidi a livello nazionale, in Giappone è in aumento il numero di minori che si tolgono la vita: lo scorso anno si sono contati 527 casi, 14 in più rispetto al 2023, mentre nel 2022 erano stati 513. Nella maggior parte dei casi (349) si è trattato di studenti delle scuole superiori, ma si sono registrati 15 casi anche tra bambini e bambine delle scuole elementari. In aumento il numero delle ragazze, con 288 casi sul totale.

Un funzionario del ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare ha definito “grave” la situazione e ha poi sottolineato la necessità di ulteriori analisi per capire le cause profonde che contribuiscono al disagio giovanile. 

Secondo p. Marco Villa, missionario del Pime che dal 2009 presta servizio nella diocesi di Saitama, a mezz’ora di treno dalla capitale, Tokyo, ci sono vari elementi che potrebbero spiegare l’aumento dei suicidi: “I figli, sempre più soli nelle famiglie, sentono la pressione di eccellere tutta su di loro. All’interno delle classi c’è una forte competitività e il fenomeno del bullismo continua a essere una piaga, anche se in maniera meno esplicita. In quasi tutte le classi - continua il missionario - si verifica che uno o due alunni smettano di frequentare le lezioni”. Secondo i dati ufficiali, nel 2023 erano 415.252 i minori che si rifiutavano di andare a scuola.

Dal 2012 p. Marco Villa coordina il centro di ascolto “Mizu Ippai”, che offre sostegno agli hikikomori, coloro che si ritirano dalla società per vivere in solitudine (ascolta questo podcast per saperne di più su questa esperienza). “Nel nostro centro non abbiamo tanti minorenni in realtà, ma qualcuno passa. Mi viene in mente il caso di una ragazza, che aveva smesso di uscire quando era ancora alle elementari perché altre bambine la bullizzavano per l’aspetto fisico. Fortunatamente, la sua storia ha avuto un lieto fine e ora sta bene”.

In tutto il Giappone il numero complessivo di suicidi nel 2023 è sceso a 20.268 (su una popolazione di 126 milioni), uno dei dati più bassi da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1978. “È abbastanza comune che nelle famiglie ci sia qualche componente con una forma di disagio psichico o mentale. Spesso però vengono offerte solo cure farmacologiche. Le terapie di accompagnamento costano molto, per cui spesso le persone si trovano a portare questa croce in solitudine”.

L’isolamento è radicato nella cultura asiatica, dove il singolo ha meno importanza rispetto alla comunità, continua il missionario: “Ci si mette in disparte - questo il significato anche della parola hikikomori in giapponese - per non essere un peso agli altri. La morale sociale ha ancora un forte peso in Giappone. Gli spazi di aggregazione del mondo giovanile poi scompaiono nell’età adulta, quando si entra nel mondo del lavoro e si ha a che fare con una società molto rigida”. 

La sfida più grande per il centro “Mizu Ippai”, dove p. Villa coordina un gruppo di volontari, è quello di intercettare le situazioni di disagio. “Se i giovani hanno alle spalle una famiglia solida, a volte sono i genitori a contattarci oppure i servizi sociali provano a indirizzare qualcuno. Ma quando una persona si chiude in una stanza, è difficile riuscire a tirarla fuori. Nella stragrande maggioranza dei casi, chi arriva da noi ha alle spalle una diagnosi di qualche forma di disagio psicologico”. 

P. Marco e i volontari sono sempre presenti: “Chi frequenta il nostro centro è libero di venire quando vuole. In questo momento possiamo dire di avere una sessantina di frequentatori abituali. Sarebbe eccessivo, però, chiamarli legami ‘di amicizia’”. Il lavoro del missionario vuole essere prima di tutto una possibilità per scappare dall’oppressione: “Le persone non vogliono parlare dei loro problemi, vogliono solo passare un po’ di tempo fuori casa. Offriamo il nostro tempo e la possibilità di fare quattro chiacchiere - spiega il missionario del Pime -. Cerchiamo di essere un luogo dove poter fare un primo passo per tornare alla vita normale, dove passare del tempo senza sentirsi a disagio”.

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