Timori crescenti a Beirut per l’approssimarsi delle accuse del TSL contro Hezbollah
Varie fonti affermano che l’atto di accusa del Tribunale speciale è “molto vicino” e che chiamerà in causa “alti esponenti” del Partito di Dio e della Siria. Timori che la crisi possa provocare violenze sono stati espressi da vescovi cristiani durante le celebrazioni natalizie.
Beirut (AsiaNews) – Cresce la preoccupazione per le possibili violente reazioni all’annuncio, ritenuto ormai prossimo, di coloro che il Tribunale speciale per il Libano (TSL), promosso dall’Onu, accuserà di essere i responsabili dell’assassinio dell’ex premier Rafic Hariri e di altri omicidi politici avvenuti in Libano dopo il 2005.
Ieri, l’ex ambasciatore americano all’Onu, John Bolton, ha sostenuto che l’atto di accusa è “molto vicino” e che imputati saranno “alti esponenti” di Hezbollah e della Siria. Sempre ieri, il panarabo Asharq Al-Awsat indicando proprie fonti affermava che il procuratore del TSL, Daniel Bellemare, “ha completato la fase investigativa”, che “i risultati ottenuti lo rendono capace di formulare imputazioni basate su prove forti, fondate e decisive”, tali che “sarà difficile, se non impossibile, contestare le prove o scalzarle durante la fase processuale”.
Da parte loro, Hezbollah e i suoi sponsor, Iran e Siria, hanno messo in opera una vera campagna preventiva, che mira a contestare il Tribunale in sé, accusandolo di essere uno strumento di Israele e Usa. L’obiettivo evidente è quello di non dover rispondere alle eventuali accuse. Il tutto insieme a prevedibili manifestazioni di piazza. E di forza.
Ciò fa crescere i timori, espressi da ultimo da vescovi e sacerdoti cristiani nel corso delle celebrazioni natalizie, che la vicenda possa fare da innesco a sanguinosi scontri tra sciiti (Hezbollah) e sunniti, visto che lo era Hariri e lo è la componente maggioritaria della popolazione e anche del parlamento.
“Nessuno – ha detto ieri il patriarca maronita Nasrallah Sfeir – ignora le sfide delle quali il Libano è stato testimone in passato e quelle che ci sono ancora”. “Viviamo - ha aggiunto - giorni difficili, ma noi preghiamo perchè la situazione migliori e il nuovo anno sia portatore di bene e i libanesi siano uniti per il bene del Paese”. Alla messa natalizia del cardinale ha assistito anche il presidente della Repubblica, Michel Suleiman che, proprio andando alla celebrazione si è rifiutato di parlare di crisi, affermando che “l’impasse politica si sta avviando a soluzione”.
Un invito alle parti a mantenere la calma e a ricorrere a mezzi legali è venuto dal vescovo greco-ortodosso di Beirut, Elias Audi. “Perché – ha chiesto – non aspettare per il risultato delle indagini con calma e pazienza e avvalersi del dibattito legale per risolvere le nostre controversie, invece che ricorrere a provocazioni che possono appiccare il fuoco?”.
Da parte sua, il vescovo maronita della capitale, Boulos Matar, che domenica ha incontrato l’ambasciatore iraniano Ghazanfar Roknabadi, ha messo avvertito che non ci sarebbero alternative all’attuale modello di coesistenza che esiste in Libano, se il Paese dovesse andare al collasso (PD).
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29/10/2010
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